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- \chapter{Introduzione}
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- Gli stimoli meccanici rivestono nell'ambito dei sistemi biologici un
- ruolo importante nel determinare il corretto funzionamento di cellule,
- tessuti e organismi complessi.
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- Mentre tradizionalmente la biologia si è occupata di studiare come
- processi cellulari e inter-cellulari fossero regolati dallo scambio
- di molecole biologiche, il ruolo degli stimoli meccanici è stato a
- lungo ritenuto marginale nella descrizione di questi processi.
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- Lo sviluppo di tecniche sempre più avanzate e precise per la
- visualizzazione e la manipolazione di molecole all'interno di campioni
- biologici ha iniziato a mutare questa concezione: oggi possiamo
- indagare nel dettaglio il funzionamento dei motori molecolari
- all'interno delle nostre cellule o misurare come variazioni nella
- tensione applicata a un polimero possano indurre una riorganizzazione
- strutturale nello stesso e cambiarne le proprietà biochimiche.
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- Per molti processi biologici il ruolo della forza è fondamentale,
- ad esempio nei complessi proteici che legano tra di loro le cellule
- in un tessuto, le \emph{giunzioni cellulari}.
- Queste si comportano come complesse macchine in grado di elaborare
- stimoli di tipo biochimico e meccanico, comunicando e interferendo
- con le funzioni del resto della cellula.
- Esistono diversi tipi di giunzioni cellulari, responsabili di
- specifiche funzioni e caratterizzate dalla reciproca interazione di
- diversi tipi di proteine. La dinamica della loro interazione viene
- modificata e modulata dalle sollecitazioni meccaniche esterne,
- permettendo alle giunzioni di comportarsi come \emph{trasduttori}
- di segnali meccanici.
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- Per osservare e descrivere quantitativamente questi effetti di
- \emph{meccano-trasduzione} una strada molto promettente è
- rappresentata dalla manipolazione in vitro di singole molecole
- utilizzando pinzette ottiche.
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- Le pinzette ottiche permettono di sondare il comportamento di
- complessi proteici sottoponendo le singole molecole a stimoli
- meccanici controllati e andando ad osservare come la dinamica delle
- interazioni dipenda dalle forze esterne.
- La teoria alla base del loro funzionamento è
- introdotta nella sezione \ref{sec:ot}.
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- Per indagare la dinamica delle interazioni tra due macromolecole
- (proteine ad esempio) soggette a stimoli meccanici è possibile
- eseguire esperimenti di \emph{spettroscopia di forza}, in cui si va
- ad osservare il comportamento delle molecole applicandovi forze
- di trazione o torsione dall'esterno.
- La spettroscopia di forza può essere realizzata sperimentalmente
- con diverse tecniche, tra le quali la microscopia a forza atomica e
- le pinzette ottiche.
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- Quando la dinamica delle interazioni studiate cambia molto
- rapidamente, come nel caso di affinità deboli o rapidi cambiamenti
- conformazionali, è necessario sviluppare metodi che abbiano tempi
- di risposta molto brevi, sotto il millisecondo.
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- Un sistema con queste caratteristiche è stato sviluppato in \cite{},
- utilizzando due pinzette ottiche la cui posizione può essere
- controllata in maniera ultraveloce attraverso modulatori
- acusto-ottici (AOM). In questo modo è
- intermittenti è necessario che le pinzette ottiche siano
- combinate con tecniche ultraveloci per il posizionamento
- delle trappole e il rilevamento degli spostamenti degli oggetti intrappolati. L'idea alla base di questi
- esperimenti e alcuni esempi sono illustarti in
- sezione \ref{sec:force_clamp}.
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- Fino a ora il principale limite di questi esperimenti è
- stato quello di produrre informazioni dinamiche
- esclusivamente sui due componenti interagenti selezionati,
- trascurando ogni altra possibile interazione.
- Se in diversi scenari questo è più che sufficiente, alcuni
- sistemi biologici, come le giunzioni cellulari, sono formati da un gran numero di diverse proteine mutualmente
- interagenti.
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- L'idea alla base di questa tesi è di osservare, durante
- un esperimento di spettroscopia \textit{force-clamp} in
- cui viene applicata una tensione e studiata l'interazione
- tra due proteine appartenenti ad una giunzione cellulare,
- la dinamica dell'interazione con altri fattori che potrebbero svolgere un ruolo importante nella trasduzione dei segnali meccanici.
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- La strategia scelta per ottenere questo prevede
- di inserire questi fattori aggiunti alla cella di reazione
- per l'esperimento \textit{force-clamp}, opportunamente
- marcati con fluorofori, e di utilizzare opportune
- tecniche di microscopia di fluorescenza per rilevare
- l'interazione di questi fattori liberi in soluzione
- con le proteine immobilizzate.
- L'ostacolo principale al raggiungimento di questo
- risultato è dato dalla difficoltà di visualizzare,
- tramite microscopia ottica, l'attività di una singola
- molecola fluorescente legata sopra un fondo di fluorofori
- liberi in soluzione. Per questo motivo è necessario
- utilizzare tecniche che garantiscano un'elevata
- soppressione del rumore di fondo, come la microscopia
- a riflessione interna totale (TIRF, \textit{Total Interal Reflection Fluorescence microscopy}) o la microscopia
- a fogli di luce laminari altamente inclinati (HILO, \textit{Higly Inclined and Laminated Optical sheet microscopy}). Queste tecniche insieme alle basi della
- microscopia di fluorescenza sono descritte nella
- sezione \ref{sec:fluo}.
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- In questo modo sarà possibile studiare, in un ambiente
- controllato (proteine in soluzione e immobilizzate su microsfere), la complessa rete di interazioni che governa
- il funzionamento delle giunzioni cellulari, aggiungendo
- all'informazione \emph{meccanica} su due proteine soggette
- a tensione esterna quella sull'attivaziono o disattivazione del legame con gli altri fattori coinvolti.
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- % Introduction on the importance of mechanotransduction
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- % between
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- \section{Giunzioni cellulari}
- \label{sec:giunzioni}
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- Le giunzioni cellulari svolgono un ruolo fondamentale per l'esistenza
- stessa degli organismi multicellulari.
- Esse sono infatti responsabili della capacità delle cellule di connettersi
- l'una con l'altra e di organizzarsi per formare tessuti e organi con
- funzioni specifiche.
- Le funzioni delle giunzioni cellulari vanno ben oltre quelle di una passiva
- struttura di raccordo: esse sono responsabili, ad esempio,
- di veicolare informazioni e
- sostanze tra una cellula e l'altra, guidare la loro proliferazione o migrazione, mantenere la stabilità dei tessuti o avviarne la
- riparazione quando necessario.
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- \begin{figure}
- \centering
- \includegraphics[width=0.5\linewidth]{images/adjunc.pdf}
- \caption{Sequenza di cellule connesse da \emph{giunzioni aderenti} (sopra) e dettaglio di una giunzione aderente, con indicazione delle principali proteine coinvolte (sotto)}
- \label{fig:ad_jun}
- \end{figure}
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- Le giunzioni cellulari possono connettersi direttamente a strutture interne
- della cellula (come il citoscheletro) e si formano dall'auto-assemblamento
- di un grande numero di proteine differenti. Per loro natura attraversano
- la membrana cellulare andando a formare legami con strutture analoghe
- presenti in cellule adiacenti o con strutture intermedie di supporto,
- come la matrice extra-cellulare.
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- Esistono diversi tipi di giunzioni che svolgono funzioni specifiche.
- Un tipo di giunzione molto comune nei tessuti epiteliali e
- endoteliali è la \emph{giunzione aderente}, rappresentata in modo
- schematico in figura \ref{fig:ad_jun}.
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- Nelle giunzioni aderenti la proteina che direttamente ancora il
- complesso alla membrana plasmatica è la \emph{caderina}.
- Questa è una proteina trans-membrana costituita da un dominio di coda
- citoplasmatico e un dominio di testa esterno alla membrana cellulare.
- Il dominio extra-membrana è in grado di dimerizzare con domini analoghi
- presenti in cellule adiacenti, formando la giunzione.
- Il dominio intra-membrana permette di stabilire un collegamento diretto
- tra la giunzione cellulare e il citoscheletro di actina, grazie al legame
- con una classe di proteine, le \emph{catenine}, in grado di legarsi sia con
- la coda della caderina che con i filamenti di actina del citoscheletro.
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- Oltre a questa connessione diretta esistono altre proteine che mantengono
- una connessione indiretta, legando ad esempio le catenine con il
- citoscheletro. É stato scoperto \cite{??} che le proteine \emph{vinculina}
- e \emph{$\alpha$-actinina} svolgono questa attività.
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- Sebbene la funzione di questi collegamenti indiretti non sia stata ancora
- del tutto compresa, è stato dimostrato che la sua presenza delle proteine
- responsabili è fondamentale per il corretto sviluppo dei tessuti.
- Esperimenti su colture cellulari in il gene che codifica l'espressione
- della vinculina è stato rimosso suggeriscono come, oltre ad una riduzione
- generale dell'adesione tra cellule, si perda alcune funzioni di regolazione
- e modulazione dell'attività delle giunzioni.
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- La vinculina, quindi, così come altre proteine secondarie, potrebbe avere
- un ruolo nel modulare i meccanismi di adesione e svolgere un ruolo nei
- processi di meccano-trasduzione.
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- La possibilità di realizzare esperimenti di spettroscopia di forza in cui è
- possibile tenere traccia dell'attività di una o più proteine secondarie
- apre la strada verso una maggiore comprensione del loro ruolo.
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- Lo stato attuale delle conoscenze sulla rete di interazioni che governa e
- regola il funzionamento delle giunzioni aderenti è riportato in Appendice,
- sotto forma di diagramma delle vie di segnalazione.
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- \begin{figure}
- \centering
- \includegraphics{images/aj.pdf}
- \caption{Ruolo di \textbf{caderina} e catenine nelle \textit{giunzioni aderenti}}
- \label{fig:aj}
- \end{figure}
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- \vspace{1em}
- Un'altra classe di giunzioni cellulari è rappresentata dalle
- giunzioni occludenti (\textit{tight junction}), la cui caratteristica
- principale è quella di sigillare lo spazio intercellulare, rendendolo
- impermeabile e impedendo a molecole e ioni di attraversare un
- tessuto.
- L'organizzazione spaziale delle giunzioni occludenti consente inoltre
- la creazione di canali selettivamente permeabili per il trasporto
- di specifiche molecole, tuttavia ancora non sono chiari i meccanismi
- che modulano e regolano il loro funzionamento.
- Come nel caso delle giunzioni aderenti questo emerge dall'interazione
- tra un certo numero di proteine interagenti.
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- \begin{figure}
- \centering
- \includegraphics{images/tj.pdf}
- \caption{Ruolo di \textbf{ZO-1} nelle \emph{giunzioni occludenti}}
- \label{fig:tj}
- \end{figure}
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- Diverse proteine attraversano la membrana e dimerizzano
- con le loro omologhe appartenenti alla cellula adiacente,
- tra le quali \emph{claudina}, \emph{occludina} e diverse
- proteine appartenenti alla classe delle \textit{junctional
- adhesion molecules}, (JAM).
- Queste proteine di membrana si legano alla proteina \textit{Zona occludens 1}, ZO-1 che, come mostrato da
- recenti studi \cite{??}, potrebbe modulare la formazione
- delle giunzioni e occuparsi della trasduzione di segnali
- meccanici.
- Inoltre vi sono evidenze sul ruolo di una terza proteina,
- la \textit{cingulina}, nel modulare l'interazione di ZO-1
- con il citoscheletro di actina. Un'ipotesi è che il
- legame cingulina-ZO-1 possa indurre delle modifiche
- conformazionali in ZO-1 tali da consentire un legame
- diretto con in filamenti di actina.
- Anche in questo caso, per comprendere il ruolo della cingulina
- nella trasduzione dei segnali meccanici, sembra promettente
- utilizzare una tecnica che consenta, durante l'osservazione
- dell'interazione di due proteine sottoposte a stress
- meccanici, di osservare l'eventuale attaccamento al complesso
- di una terza proteina. Ad esempio sarebbe possibile ipotizzare
- un esperimento in cui allo studio dell'effetto delle sollecitazioni
- meccaniche sul legame actina-ZO-1 viene aggiunta l'osservazione
- dell'attività della cingulina attraverso microscopia di fluorescenza.
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- \section{Manipolazione ottica di molecole biologiche}
- \label{sec:ot}
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- Le pinzette ottiche (o \textit{optical tweezers}, OT) sono strumenti che sfruttano la \emph{forza di radiazione} esercitata da un fascio laser gaussiano altamente focalizzato su materiali dielettrici, in modo da intrappolare e manipolare oggetti microscopici con una precisione sub-nanometrica.
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- Questa tecnologia sfrutta il gradiente d'intensità di un fascio
- gaussiano focalizzato interagente con particelle dielettriche immerse
- in un fluido. L'interazione delle particelle con la radiazione fa si
- che queste risentano di una forza di richiamo verso una posizione
- di equilibrio in prossimità del fuoco del fascio.
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- Fin dalla loro ideazione furono subito messe in luci le potenzialità
- di questa tecnica nella manipolazione di campioni biologici.
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- Arthur Ashkin fu, nel 1986, il primo a realizzare sperimentalmente delle pinzette ottiche, riuscendo a intrappolare microsfere sintetiche e batteri\cite{Ashkin:86}. Per questo risultato gli fu conferito il premio Nobel nel 2018, \emph{``per le pinzette ottiche e le loro applicazioni ai sistemi biologici''}.
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- Grazie alle pinzette ottiche è possibile intrappolare solidi dielettrici
- di diversa dimensione e natura.
- Per ottenere la capacità di manipolare individualmente singole molecole,
- come le proteine non è possibile procedere ad un intrappolamento diretto.
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- Si rende necessario quindi sviluppare protocolli per funzionalizzare la
- superficie di sfere dielettriche e legarci le molecole che intendiamo
- studiare.
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- Tipicamente esperimenti di questo tipo vengono realizzati utilizzando
- sfere dielettriche di dimensioni micrometriche funzionalizzate legando
- covalentemente molecole di \textit{streptavidina} alla loro superificie.
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- In questo modo è possibile successivamente ottenere il legame delle
- microsfere col polimero biologico d'interesse, purché esso sia stato
- preventivamente biotilinato. Si sfrutta in questo modo il legame
- streptavidina-biotina, estremamente stabile e praticamente irreversibile.
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- Per descrivere quantitativamente il funzionamento delle pinzette
- ottiche consideriamo in generale l'effetto dell'interazione tra
- una microsfera dielettrica, immersa in una soluzione liquida, e
- la radiazione elettromagnetica prodotta da un fascio laser gaussiano
- focalizzato.
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- In generale la forza a cui è soggetta la microsfera interagente
- col campo elettromagnetico può essere scomposta in due contributi:
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- \begin{itemize}
- \item La \textbf{forza di \textit{scattering}} o pressione di radiazione, sempre orientata nella direzione di propagazione
- della radiazione e proporzionale alla sua intesità.
- \item La \textbf{forza di dipolo} o gradiente, proporzionale
- al gradiente d'intensità della radiazione elettromagnetico.
- \end{itemize}
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- L'origine di questi due contributi e la dipenza dalle caratteristiche
- della microsfera e del liquido utilizzati possono essere derivate
- analiticamente dalle equazioni di Maxwell nei limiti del regime
- di Rayleigh, ovvero quando le dimensioni della sfera sono molto
- inferiori alla lunghezza d'onda della radiazione utilizzata.
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- In questo limite possiamo considerare il materiale interagente con la
- radiazione come un dipolo elettrico puntiforme, associato ad una
- polarizzabilità $\alpha$. Il vettore di polarizzazione nel dipolo puntiforme sarà quindi $\vec{p} = \alpha \vec{E}$.
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- La pressione di radiazione sarà quindi proporzionale all'impulso
- dei fotoni retrodiffusi per \textit{scattering} Rayleigh.
- Nel caso di una microsfera di raggio $a$, indice di rifrazione $n$,
- immersa in un fluido con indice di rifrazione $m$, la forza di
- \textit{scattering} può essere espressa\cite{HARADA1996529} come:
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- \begin{equation}
- \vec{F}_r = \hat{k} \frac{8 \pi n k^4 a^6}{3c}
- \left(
- \frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
- \right)^2
- \end{equation}
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- L'espressione della forza gradiente può essere ottenuta dall'interazione
- lorentziana tra la radiazione e il dipolo puntiforme:
- L
- $$ \vec{F}_g =
- \left( \vec{p} \cdot \vec{\nabla} \right) \vec{E}
- + \frac{d\vec{p}}{dt} \times \vec{B}
- $$
-
- Ovvero, una volta sostituito il vettore di polarizzazione:
-
- $$ \vec{F}_g = \alpha
- \left[
- \left( \vec{E} \cdot \vec{\nabla} \right) \vec{E}
- + \frac{d\vec{E}}{dt} \times \vec{B}
- \right]
- $$
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- E infine, tenendo conto delle \emph{equazioni di Maxwell} e dell'algebra dei vettori:
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- \begin{equation}
- \label{dipole_force}
- \vec{F_g}
- = \alpha
- \left[
- \frac{1}{2}\nabla E^2
- + \frac{d}{dt}\left(\vec{E} \times \vec{B}\right)
- \right]
- \end{equation}
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- Questa ultima forma (equazione \ref{dipole_force}) ci permette di mettere in evidenza il termine $\frac{d}{dt}(\vec{E} \times \vec{B})$, ovvero la derivata temporale di una quantità oscillante molto rapidamente (\SI{> 1e14}{\Hz}), che
- può tranquillamente essere considerata costante se confrontata con in tempi
- tipici dell'evoluzione meccanica del sistema. Il secondo termine può quindi
- essere trascurato e, sostituendo ad $\alpha$ l'espressione per la polarizzabilità
- della microsfera otteniamo:
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- \begin{equation}
- \vec{F}_g =
- \frac{2\pi n a^3}{c}
- \left(
- \frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
- \right)
- \nabla I(\vec{r})
- \end{equation}
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- Il risultato netto dei due contributi è che la microsfera tendera ad occupare una
- posizione di equilibrio nel punto in cui i due contributi si cancellano e, se
- perturbata, risentirà di una forza di richiamo verso la posizione di equilibrio.
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- Una risultato qualitativamente identico è dimostrabile nel limite dell'ottica
- geometrica, quando la particella è al contrario di dimensioni molto maggiori
- alla lunghezza d'onda intermedia.
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- Il caso intermedio richiede l'uso della più complessa teoria Lorenz-Mie e spesso
- il ricorso a soluzioni numeriche, ma l'idea qualitativa alla base
- dell'intrappolamento resta valida.
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- Nel caso generale i requisiti per un intrappolamento efficace sono quelli di avere
- una forza di gradiente maggiore di quella di scattering e una energia cinetica
- delle particelle intrappolate sufficientemente bassa (quindi un fluido sufficientemente viscoso).
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- Per le nostre applicazioni è sufficiente considerare una forza di richiamo del tipo
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- \begin{equation}
- \vec{F} = -k(\vec{x}-\vec{x}_{eq})
- \end{equation}
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- Il valore di $k$ per una certa trappola ottica, come vedremo, può essere
- determinato attraverso un'apposita procedura di calibrazione che sfrutta
- la diffusione della microsfera all'interno della trappola.
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- \section{Spettroscopia force-clamp}
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- \section{\textit{Imaging} di singola molecola}
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