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@ -55,9 +55,10 @@ meccanici, termodinamici e biochimici.
Lo scopo di questo lavoro di tesi è, sviluppare, in gran parte Lo scopo di questo lavoro di tesi è, sviluppare, in gran parte
\textit{ex-novo}, un apparato sperimentale per lo studio della \textit{ex-novo}, un apparato sperimentale per lo studio della
meccano-trasduzione in contesti complessi come quello delle giunzioni meccano-trasduzione in contesti complessi come quello delle giunzioni
cellulari, basato sulla manipolazione ottica di due proteine interagenti
e il \textit{tracking} simultaneo, tramite microscopia di fluorescenza,
di altre singole biomolecole nei pressi del sito di interazione.
cellulari, basato sulla manipolazione ottica di due proteine
interagenti e il \textit{tracking} simultaneo, tramite microscopia di
fluorescenza, di altre singole biomolecole nei pressi del sito di
interazione.
La manipolazione tramite pinzette ottiche rappresenta infatti una La manipolazione tramite pinzette ottiche rappresenta infatti una
strada molto promettente per lo studio, anche quantitativo, di strada molto promettente per lo studio, anche quantitativo, di
@ -71,20 +72,24 @@ complessi proteici sottoponendo due molecole interagenti a stress
meccanici controllati e andando a osservare come la dinamica delle meccanici controllati e andando a osservare come la dinamica delle
interazioni dipenda dalle forze esterne. interazioni dipenda dalle forze esterne.
Questo tipo di esperimenti si riconduce alle \emph{spettroscopie di forza},
Questo tipo di esperimenti si riconduce alle
\emph{spettroscopie di forza},
che in generale vengono realizzate utilizzando diverse tecniche, come che in generale vengono realizzate utilizzando diverse tecniche, come
la microscopia a forza atomica, le onde acustiche o le pinzette ottiche.
I brevissimi tempi di risposta ottenibili utilizzando queste ultime, inferiori
al millisecondo, hanno fatto si che le pinzette ottiche fossero applicate
con successo allo studio di sistemi interagenti con affinità molto deboli
o rapide modifiche conformazionali, come i motori molecolari \cite{??}.
L'apparato sperimentale descritto in questo lavoro consiste sostanzialmente
in una ricostruzione di quello utilizzato in \cite{??} per lo studio dei motori
molecolari per quanto riguarda la componente di spettroscopia di forza, integrato
con un sistema di microscopia di fluorescenza che consenta di osservare
simultaneamente la dinamica di singole molecole interagenti con le proteine
intrappolate.
la microscopia a forza atomica, le onde acustiche o le pinzette
ottiche.
I brevissimi tempi di risposta ottenibili utilizzando queste ultime,
inferiori al millisecondo, hanno fatto si che le pinzette ottiche
fossero applicate con successo allo studio di sistemi interagenti con
affinità molto deboli o rapide modifiche conformazionali, come i
motori molecolari \cite{Capitanio2012}.
L'apparato sperimentale descritto in questo lavoro consiste
sostanzialmente in una ricostruzione di quello utilizzato in
\cite{Capitanio2012}
per lo studio dei motori molecolari per quanto riguarda la componente
di spettroscopia di forza, integrato con un sistema di microscopia di
fluorescenza che consenta di osservare simultaneamente la dinamica di
singole molecole interagenti con le proteine intrappolate.
Infatti, fino a ora il principale limite di questi esperimenti è Infatti, fino a ora il principale limite di questi esperimenti è
stato quello di produrre informazioni dinamiche stato quello di produrre informazioni dinamiche
@ -92,56 +97,71 @@ esclusivamente sui due componenti interagenti selezionati per la
spettroscopia di forza, trascurando ogni altra possibile interazione. spettroscopia di forza, trascurando ogni altra possibile interazione.
Se in diversi scenari questo è più che sufficiente, alcuni Se in diversi scenari questo è più che sufficiente, alcuni
sistemi biologici, questo approccio mostra evidenti limiti nello sistemi biologici, questo approccio mostra evidenti limiti nello
studio di una complessa rete di interazioni come quella delle giunzioni
cellulari.
studio di una complessa rete di interazioni come quella delle
giunzioni cellulari.
Un apparato con queste caratteristiche dovrebbe consentire, Un apparato con queste caratteristiche dovrebbe consentire,
durante un esperimento di spettroscopia di forza, di registrare durante un esperimento di spettroscopia di forza, di registrare
simultaneamente sia la risposta meccanica delle due proteine immobilizzare,
sia l'eventuale interazione con altri fattori opportunamente marcati presenti
nella soluzione usata per l'esperimento.
simultaneamente sia la risposta meccanica delle due proteine
immobilizzare, sia l'eventuale interazione con altri fattori
opportunamente marcati presenti nella soluzione usata per
l'esperimento.
L'ostacolo principale al raggiungimento di questo
risultato è dato dalla difficoltà di visualizzare,
tramite microscopia ottica, l'attività di una singola
molecola fluorescente sopra un fondo di fluorofori
liberi in soluzione.
L'ostacolo principale al raggiungimento di questo risultato è dato
dalla difficoltà di visualizzare, tramite microscopia ottica,
l'attività di una singola molecola fluorescente sopra un fondo di
fluorofori liberi in soluzione.
Una soluzione tipicamente adottata prevede l'uso di schemi di Una soluzione tipicamente adottata prevede l'uso di schemi di
illuminazione come la riflessione interna totale illuminazione come la riflessione interna totale
(TIRF, \textit{Total Interal Reflection Fluorescence microscopy}) (TIRF, \textit{Total Interal Reflection Fluorescence microscopy})
o i fogli di luce inclinati (HILO, \textit{Highly Inclined and Laminated Optical sheet microscopy}), in modo da ridurre il volume di campione eccitato e quindi l'emissione
o i fogli di luce inclinati
(HILO, \textit{Highly Inclined and Laminated Optical sheet
microscopy}),
in modo da ridurre il volume di campione eccitato e quindi l'emissione
di fluorescenza di fondo. di fluorescenza di fondo.
Questi schemi di illuminazione però richiedono che il volume osservato
sia nelle immediate vicinanze della superficie del vetrino coprioggetti usato
per la preparazione del campione, condizione che è impossibile realizzare negli
esperimenti di spettroscopia di forza, dove le proteine vengono funzionalizzate su sfere dielettriche di dimensioni micrometriche. In questo caso infatti il volume di campione
dove si trovano le proteine interagenti ha uno quota significativa (diverse centinaia di
micrometri) rispetto al vetrino coprioggetti.
Scopo dell'apparato sperimentale sarà anche studiare la possibilità di superare
questo limite usando la sfera dielettrica come risuonatore ottico, e quindi come
strumento in grado di trasferire la radiazione di eccitazione dall'immediata prossimità
del vetrino coprioggetti ai fluorofori presenti in prossimità del sito di interazione.
In questo modo il segnale proveniente da molecole fuori fuoco, lontane dalla microsfera,
sarebbe efficaciemente soppresso.
Nelle prossime sezioni è possibile trovare una trattazione più approfondita degli
argomenti introdotti, in particolare nella sezione \ref{sec:giunzioni} vengono introdotti
due importanti tipologie di giunzioni cellulari particolarmente interessanti
per studio con un sistema combinato come quello qui descritto.
Nella sezione \ref{sec:ot} vengono trattate in maniera più approfondita le pinzette
ottiche e la loro applicazione agli esperimenti di spettroscopia di forza.
Nella sezione \ref{sec:fluo} vengono introdotti i principali limiti della microscopia di fluorescenza e le soluzioni proposte per il loro superamento.
Nel capitolo \ref{cap:methods} vengono descritte nel dettaglio le caratteristiche
dell'apparato sperimentale realizzato e le procedure di validazione, calibrazione e
acquisizione dei dati.
Nel capitolo \ref{cap:results} sono analizzati i dati prodotti durante le operazioni
di validazione dell'apparato sperimentale e delle procedure di misura per valutare
le prestazioni ottenibili e la loro adeguatezza agli esperimenti ipotizzati.
Questi schemi di illuminazione però richiedono requisiti molto
stringenti.
Ad esempio per poter utilizzare la TIRF, come approfondito in sezione
\ref{sec:fluo} è necessario che il volume osservato sia nelle
immediate vicinanze della superficie del vetrino
coprioggetti usato per la preparazione del campione,
condizione che è impossibile realizzare negli esperimenti di
spettroscopia di forza, dove le proteine vengono funzionalizzate su
sfere dielettriche di dimensioni micrometriche.
In questo caso infatti il volume di campione
dove si trovano le proteine interagenti ha uno quota significativa
(diverse centinaia di micrometri) rispetto al vetrino coprioggetti.
Scopo dell'apparato sperimentale sarà anche studiare la possibilità di
superare questo limite usando la sfera dielettrica come risuonatore
ottico, e quindi come strumento in grado di trasferire la radiazione
di eccitazione dall'immediata prossimità del vetrino coprioggetti ai
fluorofori presenti in prossimità del sito di interazione.
In questo modo il segnale proveniente da molecole fuori fuoco,
lontane dalla microsfera, sarebbe efficacemente soppresso.
Nelle prossime sezioni è possibile trovare una trattazione più
approfondita degli argomenti introdotti, in particolare nella sezione
\ref{sec:giunzioni} vengono introdotte due importanti tipologie di
giunzioni cellulari particolarmente interessanti per studio con un
sistema combinato come quello qui descritto.\\
Nella sezione \ref{sec:ot} vengono trattate in maniera più
approfondita le pinzette ottiche e la loro applicazione agli
esperimenti di spettroscopia di forza.\\
Nella sezione \ref{sec:fluo} vengono introdotti i principali limiti
della microscopia di fluorescenza e le soluzioni proposte per il loro
superamento.
Nel capitolo \ref{cap:methods} vengono descritte nel dettaglio le
caratteristiche dell'apparato sperimentale realizzato e le procedure
di validazione, calibrazione e acquisizione dei dati.
Nel capitolo \ref{cap:results} sono analizzati i dati prodotti durante
le operazioni di validazione dell'apparato sperimentale e delle
procedure di misura per valutare le prestazioni ottenibili e la loro
adeguatezza agli esperimenti ipotizzati.
% Introduction on the importance of mechanotransduction % Introduction on the importance of mechanotransduction
@ -159,28 +179,30 @@ le prestazioni ottenibili e la loro adeguatezza agli esperimenti ipotizzati.
Le giunzioni cellulari svolgono un ruolo fondamentale per l'esistenza Le giunzioni cellulari svolgono un ruolo fondamentale per l'esistenza
stessa degli organismi multicellulari. stessa degli organismi multicellulari.
Esse sono infatti responsabili della capacità delle cellule di connettersi
l'una con l'altra e di organizzarsi per formare tessuti e organi con
funzioni specifiche.
Le funzioni delle giunzioni cellulari vanno ben oltre quelle di una passiva
struttura di raccordo: esse sono responsabili, ad esempio,
di veicolare informazioni e
sostanze tra una cellula e l'altra, guidare la loro proliferazione o migrazione, mantenere la stabilità dei tessuti o avviarne la
riparazione quando necessario.
Esse sono infatti responsabili della capacità delle cellule di
connettersi l'una con l'altra e di organizzarsi per formare tessuti e
organi con funzioni specifiche.
Le funzioni delle giunzioni cellulari vanno ben oltre quelle di una
passiva struttura di raccordo: esse sono responsabili, ad esempio,
di veicolare informazioni e sostanze tra una cellula e l'altra,
guidare la loro proliferazione o migrazione, mantenere la stabilità
dei tessuti o avviarne la riparazione quando necessario.
\begin{figure}[ht] \begin{figure}[ht]
\centering \centering
\includegraphics[width=0.5\linewidth]{images/adjunc.pdf} \includegraphics[width=0.5\linewidth]{images/adjunc.pdf}
\caption{Sequenza di cellule connesse da \emph{giunzioni aderenti} (sopra) e dettaglio di una giunzione aderente, con indicazione delle principali proteine coinvolte (sotto)}
\caption{Sequenza di cellule connesse da \emph{giunzioni aderenti}
(sopra) e dettaglio di una giunzione aderente, con indicazione
delle principali proteine coinvolte (sotto)}
\label{fig:ad_jun} \label{fig:ad_jun}
\end{figure} \end{figure}
Le giunzioni cellulari possono connettersi direttamente a strutture interne
della cellula (come il citoscheletro) e si formano dall'auto-assemblamento
di un grande numero di proteine differenti. Per loro natura attraversano
la membrana cellulare andando a formare legami con strutture analoghe
presenti in cellule adiacenti o con strutture intermedie di supporto,
come la matrice extra-cellulare.
Le giunzioni cellulari possono connettersi direttamente a strutture
interne della cellula (come il citoscheletro) e si formano
dall'auto-assemblamento di un grande numero di proteine differenti.
Per loro natura attraversano la membrana cellulare andando a formare
legami con strutture analoghe presenti in cellule adiacenti o con
strutture intermedie di supporto, come la matrice extra-cellulare.
Esistono diversi tipi di giunzioni che svolgono funzioni specifiche. Esistono diversi tipi di giunzioni che svolgono funzioni specifiche.
Un tipo di giunzione molto comune nei tessuti epiteliali e Un tipo di giunzione molto comune nei tessuti epiteliali e
@ -191,42 +213,48 @@ Nelle giunzioni aderenti la proteina che direttamente ancora il
complesso alla membrana plasmatica è la \emph{caderina}. complesso alla membrana plasmatica è la \emph{caderina}.
Questa è una proteina trans-membrana costituita da un dominio di coda Questa è una proteina trans-membrana costituita da un dominio di coda
citoplasmatico e un dominio di testa esterno alla membrana cellulare. citoplasmatico e un dominio di testa esterno alla membrana cellulare.
Il dominio extra-membrana è in grado di dimerizzare con domini analoghi
presenti in cellule adiacenti, formando la giunzione.
Il dominio intra-membrana permette di stabilire un collegamento diretto
tra la giunzione cellulare e il citoscheletro di actina, grazie al legame
con una classe di proteine, le \emph{catenine}, in grado di legarsi sia con
la coda della caderina che con i filamenti di actina del citoscheletro.
Oltre a questa connessione diretta esistono altre proteine che mantengono
una connessione indiretta, legando ad esempio le catenine con il
citoscheletro. É stato scoperto \cite{??} che le proteine \emph{vinculina}
e \emph{$\alpha$-actinina} svolgono questa attività.
Sebbene la funzione di questi collegamenti indiretti non sia stata ancora
del tutto compresa, è stato dimostrato che la sua presenza delle proteine
responsabili è fondamentale per il corretto sviluppo dei tessuti.
Il dominio extra-membrana è in grado di dimerizzare con domini
analoghi presenti in cellule adiacenti, formando la giunzione.
Il dominio intra-membrana permette di stabilire un collegamento
diretto tra la giunzione cellulare e il citoscheletro di actina,
grazie al legame con una classe di proteine, le \emph{catenine},
in grado di legarsi sia con la coda della caderina che con i filamenti
di actina del citoscheletro.
Oltre a questa connessione diretta esistono altre proteine che
mantengono una connessione indiretta, legando ad esempio le catenine
con il citoscheletro. É stato scoperto \cite{??} che le proteine
\emph{vinculina} e \emph{$\alpha$-actinina} svolgono questa attività.
Sebbene la funzione di questi collegamenti indiretti non sia stata
ancora del tutto compresa, è stato dimostrato che la sua presenza
delle proteine responsabili è fondamentale per il corretto sviluppo
dei tessuti.
Esperimenti su colture cellulari in il gene che codifica l'espressione Esperimenti su colture cellulari in il gene che codifica l'espressione
della vinculina è stato rimosso suggeriscono come, oltre ad una riduzione
generale dell'adesione tra cellule, si perda alcune funzioni di regolazione
della vinculina è stato rimosso suggeriscono come, oltre ad una
riduzione generale dell'adesione tra cellule, si perda alcune funzioni
di regolazione
e modulazione dell'attività delle giunzioni. e modulazione dell'attività delle giunzioni.
La vinculina, quindi, così come altre proteine secondarie, potrebbe avere
un ruolo nel modulare i meccanismi di adesione e svolgere un ruolo nei
processi di meccano-trasduzione.
La vinculina, quindi, così come altre proteine secondarie, potrebbe
avere un ruolo nel modulare i meccanismi di adesione e svolgere un
ruolo nei processi di meccano-trasduzione.
La possibilità di realizzare esperimenti di spettroscopia di forza in cui è
possibile tenere traccia dell'attività di una o più proteine secondarie
apre la strada verso una maggiore comprensione del loro ruolo.
La possibilità di realizzare esperimenti di spettroscopia di forza in
cui è possibile tenere traccia dell'attività di una o più proteine
secondarie apre la strada verso una maggiore comprensione del loro
ruolo.
Lo stato attuale delle conoscenze sulla rete di interazioni che governa e
regola il funzionamento delle giunzioni aderenti è riportato in Appendice,
sotto forma di diagramma delle vie di segnalazione.
Lo stato attuale delle conoscenze sulla rete di interazioni che
governa e regola il funzionamento delle giunzioni aderenti è riportato
schematicamente in Appendice, sotto forma di diagramma delle vie di
segnalazione.
\begin{figure}[ht] \begin{figure}[ht]
\centering \centering
\includegraphics{images/aj.pdf} \includegraphics{images/aj.pdf}
\caption{Ruolo di \textbf{caderina} e catenine nelle \textit{giunzioni aderenti}}
\caption{Ruolo di \textbf{caderina} e catenine nelle
\textit{giunzioni aderenti}}
\label{fig:aj} \label{fig:aj}
\end{figure} \end{figure}
@ -255,7 +283,8 @@ con le loro omologhe appartenenti alla cellula adiacente,
tra le quali \emph{claudina}, \emph{occludina} e diverse tra le quali \emph{claudina}, \emph{occludina} e diverse
proteine appartenenti alla classe delle \textit{junctional proteine appartenenti alla classe delle \textit{junctional
adhesion molecules}, (JAM). adhesion molecules}, (JAM).
Queste proteine di membrana si legano alla proteina \textit{Zona occludens 1}, ZO-1 che, come mostrato da
Queste proteine di membrana si legano alla proteina
\textit{Zona occludens 1}, ZO-1 che, come mostrato da
recenti studi \cite{??}, potrebbe modulare la formazione recenti studi \cite{??}, potrebbe modulare la formazione
delle giunzioni e occuparsi della trasduzione di segnali delle giunzioni e occuparsi della trasduzione di segnali
meccanici. meccanici.
@ -277,16 +306,14 @@ dell'attività della cingulina attraverso microscopia di fluorescenza.
\section{Manipolazione ottica di molecole biologiche} \section{Manipolazione ottica di molecole biologiche}
\label{sec:ot} \label{sec:ot}
Le pinzette ottiche (o \textit{optical tweezers}, OT) sono strumenti che sfruttano la \emph{forza di radiazione} esercitata da un fascio laser gaussiano altamente focalizzato su materiali dielettrici, in modo da intrappolare e manipolare oggetti microscopici con una precisione sub-nanometrica.
Le pinzette ottiche (o \textit{optical tweezers}, OT) sono strumenti
che sfruttano la \emph{forza di radiazione} esercitata da un fascio
laser gaussiano altamente focalizzato su materiali dielettrici, in
modo da intrappolare e manipolare oggetti microscopici con una
precisione sub-nanometrica.
Questa tecnologia sfrutta il gradiente d'intensità di un fascio Questa tecnologia sfrutta il gradiente d'intensità di un fascio
gaussiano focalizzato interagente con particelle dielettriche immerse gaussiano focalizzato interagente con particelle dielettriche immerse
@ -295,34 +322,41 @@ che queste risentano di una forza di richiamo verso una posizione
di equilibrio in prossimità del fuoco del fascio. di equilibrio in prossimità del fuoco del fascio.
Fin dalla loro ideazione vennero subito messe in luce le potenzialità Fin dalla loro ideazione vennero subito messe in luce le potenzialità
di questa tecnica quando applicata alla manipolazione di campioni biologici.
di questa tecnica quando applicata alla manipolazione di campioni
biologici.
Arthur Ashkin fu, nel 1986, il primo a realizzare sperimentalmente delle pinzette ottiche, riuscendo a intrappolare microsfere sintetiche e batteri\cite{Ashkin:86}. Per questo risultato gli fu conferito il premio Nobel nel 2018, \emph{``per le pinzette ottiche e le loro applicazioni ai sistemi biologici''}.
Arthur Ashkin fu, nel 1986, il primo a realizzare sperimentalmente
delle pinzette ottiche, riuscendo a intrappolare microsfere sintetiche
e batteri\cite{Ashkin:86}. Per questo risultato gli fu conferito il
premio Nobel nel 2018, \emph{``per le pinzette ottiche e le loro
applicazioni ai sistemi biologici''}.
Grazie alle pinzette ottiche è possibile intrappolare solidi dielettrici
di diversa dimensione e natura.
Per ottenere la capacità di manipolare individualmente singole molecole,
come le proteine non è possibile procedere ad un intrappolamento diretto.
Grazie alle pinzette ottiche è possibile intrappolare solidi
dielettrici di diversa dimensione e natura.
Per ottenere la capacità di manipolare individualmente singole
molecole, come le proteine non è possibile procedere ad un
intrappolamento diretto.
Si rende necessario quindi sviluppare protocolli per funzionalizzare la
superficie di sfere dielettriche e legarci le molecole che intendiamo
studiare.
Si rende necessario quindi sviluppare protocolli per funzionalizzare
la superficie di sfere dielettriche e legarci le molecole che
intendiamo studiare.
Tipicamente esperimenti di questo tipo vengono realizzati utilizzando Tipicamente esperimenti di questo tipo vengono realizzati utilizzando
sfere dielettriche di dimensioni micrometriche funzionalizzate legando sfere dielettriche di dimensioni micrometriche funzionalizzate legando
covalentemente molecole di \textit{streptavidina} alla loro superificie.
covalentemente molecole di \textit{streptavidina} alla loro
superificie.
In questo modo è possibile successivamente ottenere il legame delle In questo modo è possibile successivamente ottenere il legame delle
microsfere col polimero biologico d'interesse, purché esso sia stato microsfere col polimero biologico d'interesse, purché esso sia stato
preventivamente biotilinato. Si sfrutta in questo modo il legame preventivamente biotilinato. Si sfrutta in questo modo il legame
streptavidina-biotina, estremamente stabile e praticamente irreversibile
(vedi figura \ref{fig:biotin-streptavidin}).
streptavidina-biotina, estremamente stabile e praticamente
irreversibile (vedi figura \ref{fig:biotin-streptavidin}).
\begin{figure}[ht] \begin{figure}[ht]
\centering \centering
\includegraphics[width=0.5\linewidth]{images/biotin-streptavidin.pdf} \includegraphics[width=0.5\linewidth]{images/biotin-streptavidin.pdf}
\caption{Manipolazione di una proteina target utilizzando una \caption{Manipolazione di una proteina target utilizzando una
microsfera intrappolata e il legame biotina-streptavidina.}
microsfera intrappolata e il legame biotina-streptavidina.}
\label{fig:biotin-streptavidin} \label{fig:biotin-streptavidin}
\end{figure} \end{figure}
@ -336,10 +370,11 @@ In generale la forza a cui è soggetta la microsfera interagente
col campo elettromagnetico può essere scomposta in due contributi: col campo elettromagnetico può essere scomposta in due contributi:
\begin{itemize} \begin{itemize}
\item La \textbf{forza di \textit{scattering}} o pressione di radiazione, sempre orientata nella direzione di propagazione
della radiazione e proporzionale alla sua intesità.
\item La \textbf{forza di \textit{scattering}} o pressione di
radiazione, sempre orientata nella direzione di propagazione
della radiazione e proporzionale alla sua intesità.
\item La \textbf{forza di dipolo} o gradiente, proporzionale \item La \textbf{forza di dipolo} o gradiente, proporzionale
al gradiente d'intensità della radiazione elettromagnetico.
al gradiente d'intensità della radiazione elettromagnetico.
\end{itemize} \end{itemize}
L'origine di questi due contributi e la dipenza dalle caratteristiche L'origine di questi due contributi e la dipenza dalle caratteristiche
@ -350,7 +385,8 @@ inferiori alla lunghezza d'onda della radiazione utilizzata.
In questo limite possiamo considerare il materiale interagente con la In questo limite possiamo considerare il materiale interagente con la
radiazione come un dipolo elettrico puntiforme, associato ad una radiazione come un dipolo elettrico puntiforme, associato ad una
polarizzabilità $\alpha$. Il vettore di polarizzazione nel dipolo puntiforme sarà quindi $\vec{p} = \alpha \vec{E}$.
polarizzabilità $\alpha$. Il vettore di polarizzazione nel dipolo
puntiforme sarà quindi $\vec{p} = \alpha \vec{E}$.
La pressione di radiazione sarà quindi proporzionale all'impulso La pressione di radiazione sarà quindi proporzionale all'impulso
dei fotoni retrodiffusi per \textit{scattering} Rayleigh. dei fotoni retrodiffusi per \textit{scattering} Rayleigh.
@ -365,67 +401,79 @@ immersa in un fluido con indice di rifrazione $m$, la forza di
\right)^2 \right)^2
\end{equation} \end{equation}
L'espressione della forza gradiente può essere ottenuta dall'interazione
lorentziana tra la radiazione e il dipolo puntiforme:
L
L'espressione della forza gradiente può essere ottenuta
dall'interazione lorentziana tra la radiazione e il dipolo puntiforme:
$$ \vec{F}_g = $$ \vec{F}_g =
\left( \vec{p} \cdot \vec{\nabla} \right) \vec{E}
+ \frac{d\vec{p}}{dt} \times \vec{B}
\left(
\vec{p} \cdot \vec{\nabla}
\right)
\vec{E}
+ \frac{d\vec{p}}{dt} \times \vec{B}
$$ $$
Ovvero, una volta sostituito il vettore di polarizzazione: Ovvero, una volta sostituito il vettore di polarizzazione:
$$ \vec{F}_g = \alpha
\left[
\left( \vec{E} \cdot \vec{\nabla} \right) \vec{E}
+ \frac{d\vec{E}}{dt} \times \vec{B}
\right]
$$ \vec{F}_g =
\alpha
\left[
\left( \vec{E} \cdot \vec{\nabla} \right) \vec{E}
+ \frac{d\vec{E}}{dt} \times \vec{B}
\right]
$$ $$
E infine, tenendo conto delle \emph{equazioni di Maxwell} e dell'algebra dei vettori:
E infine, tenendo conto delle \emph{equazioni di Maxwell} e
dell'algebra dei vettori:
\begin{equation} \begin{equation}
\label{dipole_force} \label{dipole_force}
\vec{F_g}
= \alpha
\left[
\frac{1}{2}\nabla E^2
+ \frac{d}{dt}\left(\vec{E} \times \vec{B}\right)
\right]
\vec{F_g} =
\alpha
\left[
\frac{1}{2}\nabla E^2
+ \frac{d}{dt}\left(\vec{E} \times \vec{B}\right)
\right]
\end{equation} \end{equation}
Questa ultima forma (equazione \ref{dipole_force}) ci permette di mettere in evidenza il termine $\frac{d}{dt}(\vec{E} \times \vec{B})$, ovvero la derivata temporale di una quantità oscillante molto rapidamente (\SI{> 1e14}{\Hz}), che
può tranquillamente essere considerata costante se confrontata con in tempi
tipici dell'evoluzione meccanica del sistema. Il secondo termine può quindi
essere trascurato e, sostituendo ad $\alpha$ l'espressione per la polarizzabilità
della microsfera otteniamo:
Questa ultima forma (equazione \ref{dipole_force}) ci permette di
mettere in evidenza il termine $\frac{d}{dt}(\vec{E} \times \vec{B})$,
ovvero la derivata temporale di una quantità oscillante molto
rapidamente (\SI{> 1e14}{\Hz}), che
può tranquillamente essere considerata costante se confrontata con in
tempi tipici dell'evoluzione meccanica del sistema.
Il secondo termine può quindi essere trascurato e, sostituendo ad
$\alpha$ l'espressione per la polarizzabilità della microsfera
otteniamo:
\begin{equation} \begin{equation}
\vec{F}_g =
\vec{F}_g =
\frac{2\pi n a^3}{c} \frac{2\pi n a^3}{c}
\left( \left(
\frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
\frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
\right) \right)
\nabla I(\vec{r}) \nabla I(\vec{r})
\end{equation} \end{equation}
Il risultato netto dei due contributi è che la microsfera tendera ad occupare una
posizione di equilibrio nel punto in cui i due contributi si cancellano e, se
perturbata, risentirà di una forza di richiamo verso la posizione di equilibrio.
Il risultato netto dei due contributi è che la microsfera tenderà ad
occupare una posizione di equilibrio nel punto in cui i due contributi
si cancellano e, se perturbata, risentirà di una forza di richiamo
verso la posizione di equilibrio.
Un risultato qualitativamente identico è dimostrabile nel limite dell'ottica
geometrica, quando la particella è al contrario di dimensioni molto maggiori
alla lunghezza d'onda intermedia.
Un risultato qualitativamente identico è dimostrabile nel limite
dell'ottica geometrica, quando la particella è al contrario di
dimensioni molto maggiori alla lunghezza d'onda intermedia.
Il caso intermedio richiede l'uso della più complessa teoria Lorenz-Mie e spesso
il ricorso a soluzioni numeriche, ma l'idea qualitativa alla base
dell'intrappolamento resta valida.
Il caso intermedio richiede l'uso della più complessa teoria
Lorenz-Mie e spesso il ricorso a soluzioni numeriche, ma l'idea
qualitativa alla base dell'intrappolamento resta valida.
Nel caso generale i requisiti per un intrappolamento efficace sono quelli di avere
una forza di gradiente maggiore di quella di scattering e una energia cinetica
delle particelle intrappolate sufficientemente bassa (quindi un fluido sufficientemente viscoso).
Nel caso generale i requisiti per un intrappolamento efficace sono
quelli di avere una forza di gradiente maggiore di quella di
scattering e una energia cinetica delle particelle intrappolate
sufficientemente bassa (quindi un fluido sufficientemente viscoso).
Per le nostre applicazioni è sufficiente considerare una forza di richiamo del tipo
Per le nostre applicazioni è sufficiente considerare una forza di
richiamo del tipo
\begin{equation} \begin{equation}
\vec{F} = -k(\vec{x}-\vec{x}_{eq}) \vec{F} = -k(\vec{x}-\vec{x}_{eq})
@ -438,23 +486,29 @@ Per le nostre applicazioni è sufficiente considerare una forza di richiamo del
\label{fig:fkx} \label{fig:fkx}
\end{figure} \end{figure}
Il valore di $k$ per una certa trappola ottica, come vedremo, può essere
determinato attraverso un'apposita procedura di calibrazione che sfrutta
la diffusione della microsfera all'interno della trappola.
Il valore di $k$ per una certa trappola ottica, come vedremo, può
essere determinato attraverso un'apposita procedura di calibrazione
che sfrutta la diffusione della microsfera all'interno della trappola.
Inoltre è necessario considerare l'effetto degli urti con le molecole della
soluzione liquida in cui la sfera è immersa, che hanno i due seguenti effetti:
Inoltre è necessario considerare l'effetto degli urti con le molecole
della soluzione liquida in cui la sfera è immersa, che hanno i due
seguenti effetti:
\begin{itemize} \begin{itemize}
\item La presenza di un attrito viscoso, proporzionale alla velocità relativa
della sfera rispetto al fluido
\item La fluttuazione della sfera rispetto alla posizione di equilibrio (moto browniano).
\item La presenza di un attrito viscoso, proporzionale alla
velocità relativa della sfera rispetto al fluido
\item La fluttuazione della sfera rispetto alla posizione di
equilibrio (moto browniano).
\end{itemize} \end{itemize}
Grazie alla termodinamica statistica è possibile mettere in relazione lo spettro
delle fluttuazioni di posizione di una sfera intrappolata con il parametro $k$ della
forza elastica di richiamo (vedi Appendice \ref{}). In questo modo, una volta determinato $k$, è possibile mettere
in relazione il valore delle forze esterne agenti sulla sfera con il suo spostamento dalla
posizione di riposo.
Grazie alla termodinamica statistica è possibile mettere in relazione
lo spettro delle fluttuazioni di posizione di una sfera intrappolata
con il parametro $k$ della forza elastica di richiamo
(vedi Appendice \ref{}).
In questo modo, una volta determinato $k$, è possibile mettere
in relazione il valore delle forze esterne agenti sulla sfera con il
suo spostamento dalla posizione di riposo.
\section{Microscopia di fluorescenza di singola molecola}
\section{Microscopia di fluorescenza}
Le microscopia di fluorescenza

+ 49
- 36
references.bib View File

@ -1,32 +1,32 @@
@article{Ashkin:86, @article{Ashkin:86,
author = {A. Ashkin and J. M. Dziedzic and J. E. Bjorkholm and Steven Chu},
journal = {Opt. Lett.},
keywords = {Laser beams; Optical trapping; Optical tweezers; Particle scattering; Radiation pressure; Scattering},
number = {5},
pages = {288--290},
publisher = {OSA},
title = {Observation of a single-beam gradient force optical trap for dielectric particles},
volume = {11},
month = {May},
year = {1986},
url = {http://ol.osa.org/abstract.cfm?URI=ol-11-5-288},
doi = {10.1364/OL.11.000288},
abstract = {Optical trapping of dielectric particles by a single-beam gradient force trap was demonstrated for the first reported time. This confirms the concept of negative light pressure due to the gradient force. Trapping was observed over the entire range of particle size from 10 $\mu$m to ~25 nm in water. Use of the new trap extends the size range of macroscopic particles accessible to optical trapping and manipulation well into the Rayleigh size regime. Application of this trapping principle to atom trapping is considered.},
author = {A. Ashkin and J. M. Dziedzic and J. E. Bjorkholm and Steven Chu},
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} }
@article{HARADA1996529, @article{HARADA1996529,
title = "Radiation forces on a dielectric sphere in the Rayleigh scattering regime",
journal = "Optics Communications",
volume = "124",
number = "5",
pages = "529 - 541",
year = "1996",
issn = "0030-4018",
doi = "https://doi.org/10.1016/0030-4018(95)00753-9",
url = "http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/0030401895007539",
author = "Yasuhiro Harada and Toshimitsu Asakura",
abstract = "Theoretical expressions of the radiation pressure force for a dielectric sphere in the Rayleigh regime of light scattering under illumination of a Gaussian laser beam with the fundamental mode are derived in explicit form as a function of measurable quantities of the beam parameter in MKS units. Correctness of the derived expressions and validity of the size range of the Rayleigh approximation for the radiation forces as a sum of the scattering force and the gradient force are investigated by a graphical comparison of the calculated forces in longitudinal and transverse components with those obtained from the generalized Lorenz-Mie theory. Fairly good agreement in both components is found within ordinary particle-size ranges of the Rayleigh scattering theory. Furthermore, the good agreement in the transverse component, where the gradient force is dominant, is found to be satisfactory beyond the existing criterion in particle size of the Rayleigh scattering theory until the particle size becomes comparable with the spot size of the illuminating laser beam."
title = "Radiation forces on a dielectric sphere in the Rayleigh scattering regime",
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author = "Yasuhiro Harada and Toshimitsu Asakura",
abstract = "Theoretical expressions of the radiation pressure force for a dielectric sphere in the Rayleigh regime of light scattering under illumination of a Gaussian laser beam with the fundamental mode are derived in explicit form as a function of measurable quantities of the beam parameter in MKS units. Correctness of the derived expressions and validity of the size range of the Rayleigh approximation for the radiation forces as a sum of the scattering force and the gradient force are investigated by a graphical comparison of the calculated forces in longitudinal and transverse components with those obtained from the generalized Lorenz-Mie theory. Fairly good agreement in both components is found within ordinary particle-size ranges of the Rayleigh scattering theory. Furthermore, the good agreement in the transverse component, where the gradient force is dominant, is found to be satisfactory beyond the existing criterion in particle size of the Rayleigh scattering theory until the particle size becomes comparable with the spot size of the illuminating laser beam."
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@ -63,17 +63,30 @@ abstract = "Theoretical expressions of the radiation pressure force for a dielec
} }
@article{doi:10.1002/pro.3715, @article{doi:10.1002/pro.3715,
author = {Kanehisa, Minoru},
title = {Toward understanding the origin and evolution of cellular organisms},
journal = {Protein Science},
volume = {28},
number = {11},
pages = {1947-1951},
keywords = {KEGG, KEGG MEDICUS, KEGG module, pathway mapping, reaction module},
doi = {10.1002/pro.3715},
url = {https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/pro.3715},
eprint = {https://onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1002/pro.3715},
abstract = {Abstract In this era of high-throughput biology, bioinformatics has become a major discipline for making sense out of large-scale datasets. Bioinformatics is usually considered as a practical field developing databases and software tools for supporting other fields, rather than a fundamental scientific discipline for uncovering principles of biology. The KEGG resource that we have been developing is a reference knowledge base for biological interpretation of genome sequences and other high-throughput data. It is now one of the most utilized biological databases because of its practical values. For me personally, KEGG is a step toward understanding the origin and evolution of cellular organisms.},
year = {2019}
author = {Kanehisa, Minoru},
title = {Toward understanding the origin and evolution of cellular organisms},
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@article{Capitanio2012,
doi = {10.1038/nmeth.2152},
url = {https://doi.org/10.1038/nmeth.2152},
year = {2012},
month = sep,
publisher = {Springer Science and Business Media {LLC}},
volume = {9},
number = {10},
pages = {1013--1019},
author = {Marco Capitanio and Monica Canepari and Manuela Maffei and Diego Beneventi and Carina Monico and Francesco Vanzi and Roberto Bottinelli and Francesco Saverio Pavone},
title = {Ultrafast force-clamp spectroscopy of single molecules reveals load dependence of myosin working stroke},
journal = {Nature Methods}
}

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