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incluse correzioni Capitans CAP 1

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@ -8,8 +8,8 @@ ruolo importante nel determinare il corretto funzionamento di cellule,
tessuti e organismi complessi.
Mentre tradizionalmente la biologia si è occupata di studiare come
processi cellulari e intercellulari fossero regolati dallo scambio
di molecole biologiche, il ruolo degli stimoli meccanici è stato a
processi cellulari e intercellulari fossero regolati dalle reazioni
biochimiche e dalla genetica, il ruolo degli stimoli meccanici è stato a
lungo ritenuto marginale nella descrizione di questi processi.
Lo sviluppo di tecniche sempre più avanzate e precise per la
@ -95,15 +95,15 @@ Infatti, fino a ora il principale limite di questi esperimenti è
stato quello di produrre informazioni dinamiche
esclusivamente sui due componenti interagenti selezionati per la
spettroscopia di forza, trascurando ogni altra possibile interazione.
Se in diversi scenari questo è più che sufficiente, alcuni
Se in diversi scenari questo è più che sufficiente, in alcuni
sistemi biologici, questo approccio mostra evidenti limiti nello
studio di una complessa rete di interazioni come quella delle
studio di una complessa rete di interazioni, come quella delle
giunzioni cellulari.
Un apparato con queste caratteristiche dovrebbe consentire,
durante un esperimento di spettroscopia di forza, di registrare
simultaneamente sia la risposta meccanica delle due proteine
immobilizzare, sia l'eventuale interazione con altri fattori
immobilizzate, sia l'eventuale interazione con altri fattori
opportunamente marcati presenti nella soluzione usata per
l'esperimento.
@ -125,18 +125,18 @@ Questi schemi di illuminazione però richiedono requisiti molto
stringenti.
Ad esempio per poter utilizzare la TIRF, come approfondito in sezione
\ref{sec:fluo} è necessario che il volume osservato sia nelle
immediate vicinanze della superficie del vetrino
immediate vicinanze (poche centinaia di nanometri) della superficie del vetrino
coprioggetti usato per la preparazione del campione,
condizione che è impossibile realizzare negli esperimenti di
spettroscopia di forza, dove le proteine vengono funzionalizzate su
sfere dielettriche di dimensioni micrometriche.
sfere di silice di dimensioni micrometriche.
In questo caso infatti il volume di campione
dove si trovano le proteine interagenti ha uno quota significativa
(diverse centinaia di micrometri) rispetto al vetrino coprioggetti.
dove si trovano le proteine interagenti è posto a una quota significativa
rispetto alla zona illuminata nelle vicinanze del vetrino coprioggetti.
Scopo dell'apparato sperimentale sarà anche studiare la possibilità di
superare questo limite usando la sfera dielettrica come risuonatore
ottico, e quindi come strumento in grado di trasferire la radiazione
o foceggiatore ottico, e quindi come strumento in grado di trasferire la radiazione
di eccitazione dall'immediata prossimità del vetrino coprioggetti ai
fluorofori presenti in prossimità del sito di interazione.
In questo modo il segnale proveniente da molecole fuori fuoco,
@ -233,12 +233,12 @@ con il citoscheletro. É stato scoperto
\emph{vinculina} e \emph{$\alpha$-actinina} svolgono questa attività.
Sebbene la funzione di questi collegamenti indiretti non sia stata
ancora del tutto compresa, è stato dimostrato che la sua presenza
delle proteine responsabili è fondamentale per il corretto sviluppo
ancora del tutto compresa, è stato dimostrato che la presenza
delle proteine responsabili di tali collegamenti è fondamentale per il corretto sviluppo
dei tessuti.
Esperimenti su colture cellulari in il gene che codifica l'espressione
Esperimenti su colture cellulari in cui il gene che codifica l'espressione
della vinculina è stato rimosso suggeriscono come, oltre ad una
riduzione generale dell'adesione tra cellule, si perda alcune funzioni
riduzione generale dell'adesione tra cellule, si perdano alcune funzioni
di regolazione
e modulazione dell'attività delle giunzioni.
@ -287,7 +287,7 @@ tra un certo numero di proteine interagenti.
Diverse proteine attraversano la membrana e dimerizzano con le loro
omologhe appartenenti alla cellula adiacente, tra le quali
\emph{claudina}, \emph{occludina} e diverse proteine appartenenti
alla classe delle \textit{junctional adhesion molecules}, (JAM).
alla classe delle \textit{junctional adhesion molecules} (JAM).
Queste proteine di membrana si legano alla proteina \textit{Zona
occludens 1}, ZO-1 che, come mostrato da recenti studi
\cite{Vasileva2020},
@ -297,7 +297,7 @@ Inoltre vi sono evidenze sul ruolo di una terza proteina, la
\textit{cingulina}, nel modulare l'interazione di ZO-1 con il
citoscheletro di actina. Un'ipotesi è che il legame cingulina-ZO-1
possa indurre delle modifiche conformazionali in ZO-1 tali da
consentire un legame diretto con in filamenti di actina.
consentire un legame diretto con i filamenti di actina.
Anche in questo caso, per comprendere il ruolo della cingulina nella
trasduzione dei segnali meccanici, sembra promettente utilizzare una
tecnica che consenta, durante l'osservazione dell'interazione di due
@ -338,8 +338,8 @@ applicazioni ai sistemi biologici''}.
Grazie alle pinzette ottiche è possibile intrappolare solidi
dielettrici di diversa dimensione e natura.
Per ottenere la capacità di manipolare individualmente singole
molecole, come le proteine non è possibile procedere ad un
intrappolamento diretto.
molecole, come le proteine in una soluzione acquosa a temperatura ambiente,
non è possibile procedere ad un intrappolamento diretto.
Si rende necessario quindi sviluppare protocolli per funzionalizzare
la superficie di sfere dielettriche e legarci le molecole che
@ -347,14 +347,14 @@ intendiamo studiare.
Tipicamente esperimenti di questo tipo vengono realizzati utilizzando
sfere dielettriche di dimensioni micrometriche funzionalizzate legando
covalentemente molecole di \textit{streptavidina} alla loro
superficie.
covalentemente le proteine o le molecole biologiche di interesse.
In alternativa, vengono legate sulla superficie delle microsfere molecole di
\textit{streptavidina}.
In questo modo è possibile successivamente ottenere il legame delle
microsfere col polimero biologico d'interesse, purché esso sia stato
preventivamente legato a molecole di biotina (biotilinato).
Si sfrutta in questo modo il legame streptavidina-biotina, estremamente stabile e praticamente
irreversibile (vedi figura \ref{fig:biotin-streptavidin}).
microsfere col polimero biologico o la proteina d'interesse, purché essi siano stati
preventivamente biotilinati.
Si sfrutta in questo modo il legame streptavidina-biotina, estremamente stabile nei tempi
tipici di un esperimento di singola molecola (vedi figura \ref{fig:biotin-streptavidin}).
\begin{figure}[ht]
\centering
@ -377,11 +377,11 @@ col campo elettromagnetico può essere scomposta in due contributi:
\item La \textbf{forza di \textit{scattering}} o pressione di
radiazione, sempre orientata nella direzione di propagazione
della radiazione e proporzionale alla sua intesità.
\item La \textbf{forza di dipolo} o gradiente, proporzionale
al gradiente d'intensità della radiazione elettromagnetico.
\item La \textbf{forza di gradiente}, proporzionale
al gradiente d'intensità della radiazione elettromagnetica.
\end{itemize}
L'origine di questi due contributi e la dipenza dalle caratteristiche
L'origine di questi due contributi e la dipendenza dalle caratteristiche
della microsfera e del liquido utilizzati possono essere derivate
analiticamente dalle equazioni di Maxwell nei limiti del regime
di Rayleigh, ovvero quando le dimensioni della sfera sono molto
@ -390,23 +390,30 @@ inferiori alla lunghezza d'onda della radiazione utilizzata.
In questo limite possiamo considerare il materiale interagente con la
radiazione come un dipolo elettrico puntiforme, associato ad una
polarizzabilità $\alpha$. Il vettore di polarizzazione nel dipolo
puntiforme sarà quindi $\vec{p} = \alpha \vec{E}$.
puntiforme sarà quindi $\vec{p} = \alpha \vec{E}$, dove il vettore $\vec{E}$
è il campo elettrico che induce la polarizzazione.
La pressione di radiazione sarà quindi proporzionale all'impulso
dei fotoni retrodiffusi per \textit{scattering} Rayleigh.
Nel caso di una microsfera di raggio $a$, indice di rifrazione $n$,
immersa in un fluido con indice di rifrazione $m$, la forza di
investita da un'onda piana di intensità $I_0$, vettore d'onda $\vec{k}$
e immersa in un fluido con indice di rifrazione $m$, la forza di
\textit{scattering} può essere espressa\cite{HARADA1996529} come:
\begin{equation}
\vec{F}_r = \hat{k} \frac{8 \pi n k^4 a^6}{3c}
\vec{F}_r = \hat{k} I_0 \frac{8 \pi n k^4 a^6}{3c}
\left(
\frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
\right)^2
\end{equation}
L'espressione della forza gradiente può essere ottenuta
dall'interazione lorentziana tra la radiazione e il dipolo puntiforme:
Dove $c$ è la velocità della luce nel vuoto.
L'espressione della forza di gradiente può essere ottenuta
dall'interazione lorentziana tra la radiazione e il dipolo puntiforme.
Infatti, se $\vec{p}$ è il vettore di polarizzazione e $\vec{E}, \vec{B}$ sono
i vettori dei campi elettrici e magnetici della radiazione, abbiamo:
$$ \vec{F}_g =
\left(
@ -427,35 +434,32 @@ $$ \vec{F}_g =
$$
E infine, tenendo conto delle \emph{equazioni di Maxwell} e
dell'algebra dei vettori:
dell'algebra dei vettori, e mediando su un periodo di oscillazione, otteniamo:
\begin{equation}
\label{dipole_force}
\vec{F_g} =
\alpha
\alpha
\left[
\frac{1}{2}\nabla E^2
+ \frac{d}{dt}\left(\vec{E} \times \vec{B}\right)
\right]
\end{equation}
Questa ultima forma (equazione \ref{dipole_force}) ci permette di
mettere in evidenza il termine $\frac{d}{dt}(\vec{E} \times \vec{B})$,
ovvero la derivata temporale di una quantità oscillante molto
Il termine dipendente dal campo magnetico è la derivata di una quantità che cambia
rapidamente (\SI{> 1e14}{\Hz}), che
può tranquillamente essere considerata costante se confrontata con in
tempi tipici dell'evoluzione meccanica del sistema.
Il secondo termine può quindi essere trascurato e, sostituendo ad
può tranquillamente essere considerata nulla se confrontata con in
tempi tipici dell'evoluzione meccanica del sistema, e può quindi essere trascurato.
Sostituendo ad
$\alpha$ l'espressione per la polarizzabilità della microsfera
otteniamo:
\begin{equation}
\vec{F}_g =
\frac{2\pi n a^3}{c}
\vec{F}_g =
\frac{2\pi a^3}{c}
\left(
\frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
\right)
\nabla I(\vec{r})
\nabla I_0(\vec{r})
\end{equation}
Il risultato netto dei due contributi è che la microsfera tenderà ad
@ -468,7 +472,7 @@ dell'ottica geometrica, quando la particella è al contrario di
dimensioni molto maggiori alla lunghezza d'onda intermedia.
Il caso intermedio richiede l'uso della più complessa teoria
Lorenz-Mie e spesso il ricorso a soluzioni numeriche, ma l'idea
Lorenz-Mie e il ricorso a soluzioni numeriche, ma l'idea
qualitativa alla base dell'intrappolamento resta valida.
Nel caso generale i requisiti per un intrappolamento efficace sono
@ -476,13 +480,24 @@ quelli di avere una forza di gradiente maggiore di quella di
scattering e una energia cinetica delle particelle intrappolate
sufficientemente bassa (quindi un fluido sufficientemente viscoso).
Per le nostre applicazioni è sufficiente considerare una forza di
richiamo del tipo
Per le nostre applicazioni è sufficiente considerare, su un piano
perpendicolare alla dirazione di propagazione del fascio, una forza di
richiamo del tipo:
\begin{equation}
\vec{F} = -k(\vec{x}-\vec{x}_{eq})
\vec{F}_\perp = -k_{\perp}(\vec{x}_{\perp}-\vec{x}_{\perp,eq})
\end{equation}
Dove $\vec{x}_{\perp}$ è la proiezione della posizione della particella
intrappolata sul piano considerato, $\vec{x}_{\perp.eq}$ è la posizione di equilibrio,
corrispondente al centro della fascio in assenza di forze esterne, e $k_{\perp}$ è
la costante elastica relativa alla forza di richiamo sul piano perpendicolare.
Lungo la direzione assiale la particella sarà analogamente confinata ma con un costante
elastica minore e variabile con la posizione. In particolare il suo valore non sarà
simmetrico rispetto al fuoco del fascio quando si considera il contributo aggiuntivo
della forza di scattering.
\begin{figure}[ht]
\centering
\includegraphics[scale=.4]{images/fkx.pdf}
@ -504,8 +519,10 @@ seguenti effetti:
equilibrio (moto browniano).
\end{itemize}
Grazie alla termodinamica statistica è possibile mettere in relazione
lo spettro delle fluttuazioni di posizione di una sfera intrappolata
Riuscendo a misurare le fluttuazioni della posizione della sfera intrappolata,
con un sistema come quello descritto in sezione \ref{sec:tweezer}, è possibile
sfruttare la termodinamica statistica per mettere in relazione
lo spettro di queste
con il parametro $k$ della forza elastica di richiamo
(vedi sezione \ref{sec:calibration}).
In questo modo, una volta determinato $k$, è possibile mettere
@ -513,25 +530,30 @@ in relazione il valore delle forze esterne agenti sulla sfera con il
suo spostamento dalla posizione di riposo.
\section{Microscopia di fluorescenza di singola molecola}
\label{sec:fluo}
% come evitare ripetizione "singola(e) molecola(e)"
Tipicamente, le tecniche di microscopia di fluorescenza di singola
molecola consentono di sondare la posizione e i movimenti di singole
molecole con risoluzioni spaziali e temporali prossime,
rispettivamente, al nanometro e al millisecondo.
In ambito biologico le molecole che vengono osservate con questa
tecniche sono polimeri di varia natura, come proteine e acidi
Le tecniche di microscopia di fluorescenza di singola molecola consentono
di sondare la posizione e i movimenti di singole molecole con risoluzioni
spaziali e temporali che dipendono dalla tipologia di cromofori utilizzati.
Tipicamente, usando cromofori standard, si riesce ad arrivare a risoluzioni
spaziali di decine di nanometri con un tempo di integrazione di circa \SI{10}{\ms}.
Per avvicinarsi a una risoluzione spaziale di \SI{1}{\nm} è necessario aumentare
il tempo di integrazione fino ad almeno \SI{1}{\s}.
In ambito biologico le molecole che vengono osservate con queste
tecniche sono di varia natura, ad esempio proteine o acidi
nucleici. Anche se alcune di queste molecole possono avere una
debole fluorescenza intrinseca, si fa quasi sempre ricorso alla
marcatura con fluorofori, cioè molecole con caratteristiche di
fluorescenza note e elevata resa quantica. In questo modo è
possibile ottenere livelli di segnale maggiori e soprattutto
possibile ottenere livelli di segnale maggiori e soprattutto
un'elevata specificità nel rendere rilevabili solo le molecole
che presentano caratteristiche di interesse.
Queste due proprietà sono, come vedremo, molto importanti per
Queste due proprietà sono, come vedremo, molto importanti per riuscire
a rivelare singole molecole biologiche e per
raggiungere una buona precisione di localizzazione.
Le tecniche di microscopia di fluorescenza sono molto flessibili
@ -569,15 +591,15 @@ standardizzati. La scelta del fluoroforo e del protocollo di marcatura
devono tener conto di numerosi fattori, tra i quali: le condizioni
dell'esperimento (in vivo o in vitro), le possibili interferenze col
comportamento del sistema studiato, la compatibilità con le sostanze
chimiche usate in soluzione, la stabilità del fluoroforo stesso e il
chimiche usate in soluzione, la stabilità del fluoroforo stesso e il
suo tempo di vita.
Per la produzione delle immagini esistono due macro-categorie di
tecniche: le microscopie a campo largo (o \textit{wide-field}) e
le miscroscopie a scansione puntiforme.
le microscopie a scansione puntiforme.
Nel primo caso l'intero volume osservato viene illuminato
uniformemente e la radiazione emessa per fluorescenza viene raccolta
e ingrandita da un opportuno cammino ottico che ricostruisce
e ingrandita da un opportuno sistema ottico che ricostruisce
l'immagine sulla matrice di un sensore CMOS o CCD.
Nel secondo caso l'area di interesse viene suddivisa in un reticolo
tridimensionale di punti e ogni punto viene acquisito sequenzialmente,
@ -587,7 +609,7 @@ unico punto, coincidente con l'apertura di un fotodiodo o di un
fotomoltiplicatore.
Il principale vantaggio delle tecniche a scansione rispetto a quelle
a campo largo risiede in una più marcata soppressione del
a campo largo risiede, solitamente, in una più marcata soppressione del
rumore di fondo dovuto all'emissione di fluorescenza fuori dal
piano focale. I microscopi che sfruttano queste tecniche sono infatti
equipaggiati di opportuni accorgimenti per filtrare sia la radiazione
@ -608,11 +630,11 @@ decresce all'aumentare delle dimensioni dell'area osservata e della
densità di punti acquisita.
La microscopia a campo largo, acquisendo simultaneamente tutto il
fotogramma in una sola volta, consente di raggiungere risoluzioni
campo visivo in una sola volta, consente di raggiungere risoluzioni
temporali molto elevate anche per campioni estesi. La velocità
di acquisizione di un singolo fotogramma è essenzialmente limitata
dalla sensibilità del sensore usato e dalla velocità della sua scheda
elettronica.
dalla sensibilità del sensore usato e dalla velocità di trasferimento
dei dati.
Tuttavia, in questo caso, sul sensore si va a sommare all'immagine
proveniente dai fluorofori nel piano focale quella, fuori fuoco,
di tutti gli emettitori che si trovano su piani diversi attraversati
@ -628,11 +650,11 @@ manipolando il fascio di eccitazione, consentono di ridurre lo
spessore del volume di campione eccitato, come la microscopia a
riflessione interna totale
(TIRF, \textit{Total Internal Reflection Fluorescence microscopy})
o quella a fogli di luce inclinati
o quella a foglio di luce inclinato
(HILO, \textit{Highly Inclined and Laminated Optical sheet
microscopy}).
Grazie a queste due tecniche è possibile ottenere una sensibilità
di singola molecola a una risoluzione temporale nell'ordine dei
di singola molecola con una risoluzione temporale nell'ordine dei
millisecondi, rendendo possibile ad esempio il tracciamento
degli spostamenti di una proteina.
@ -647,7 +669,10 @@ campione.
L'onda evanescente viene ottenuta facendo incidere il fascio
di eccitazione all'interfaccia di separazione tra il vetrino
coprioggetti e il campione con un angolo maggiore rispetto
all'angolo critico $\theta_c$ definito dalla \emph{legge di Snell}:
all'angolo critico $\theta_c$ definito dalla \emph{legge di Snell}.
Un fascio che incide sulla superficie di separazione tra due mezzi con
indice di rifrazione $n_i$ e $n_t$, con un angolo rispetto alla normale
$\theta_i$, verrà rifratto a un angolo $\theta_r$ definito dalla relazione:
\begin{multline}
n_i \sin(\theta_i) = n_t \sin(\theta_t) \\
@ -666,7 +691,7 @@ reale, si può avere \emph{riflessione interna totale} se l'angolo
di incidenza è superiore a $\theta_c$.
In queste condizioni tutta l'energia dell'onda incidente viene
riflessa nel primo mezzo e non si ha la formazione di un raggio
trasmesso nel secondo.
rifratto nel secondo.
Per studiare le caratteristiche dell'onda elettromagnetica
nel secondo mezzo è necessario fare ricorso alle equazioni di
@ -675,7 +700,7 @@ delle componenti normali e trasverse del campo elettrico attraverso
l'interfaccia tra due materiali diversi.
Un'onda elettromagnetica monocromatica piana con vettore d'onda
$\vec{k}$ sarà descritta dal campo elettrico
$\vec{k}$ e frequenza angolare $\omega$ sarà descritta dal campo elettrico
\begin{equation}
\label{eq:e_field}
\vec{E}(\vec{r},t) =
@ -689,13 +714,13 @@ $\vec{k}$ sarà descritta dal campo elettrico
La direzione del vettore $k$ corrisponde a quella di propagazione
dell'onda elettromagnetica e il suo modulo, il \emph{numero
d'onda}, dipende dall'indice di rifrazione del mezzo attraversato
e dalla frequenza della radiazione:
e dalle frequenze della radiazione:
\begin{equation}
\label{eq:k_vinc}
k = \frac{\omega}{c / n}
\Rightarrow
(\vec{k})_x^2 + (\vec{k})_y^2 + (\vec{k})_z^2
k^2 = (\vec{k})_x^2 + (\vec{k})_y^2 + (\vec{k})_z^2
= \frac{n^2 \omega^2}{c^2}
\end{equation}
@ -707,7 +732,7 @@ $\theta_i$.
Possiamo descrivere la propagazione attraverso la superficie di
separazione usando un sistema di riferimento dove l'asse $z$ è
parallelo a essa e il vettore d'onda appartiene al piano $xz$.
Avremo quindi $(\vec{k})_y = 0$ e $k^2 =(\vec{k})_x^2 + (\vec{k})_z^2)$.
\begin{figure}[ht]
\centering
\includegraphics[width=\linewidth]{images/ev_wave.pdf}
@ -786,25 +811,26 @@ sostituendo $\vec{k_t}$ nell'espressione \ref{eq:e_field}:
e^{-\alpha x}
\end{equation}
L'ampiezza del campo elettrico trasmesso decade quindi
Il modulo del campo elettrico trasmesso decade quindi
esponenzialmente all'aumentare della distanza dalla superficie di
separazione.
Possiamo definire la profondità di penetrazione $d_p$ come il valore
di $x$ per il quale l'ampiezza del campo elettrico è scesa a $1/e$
del valore iniziale:
di $x$ per il quale l'intensità luminosa si è ridotta di un fattore $1/e$
rispetto al valore iniziale:
\begin{equation}
\label{eq:depth}
d_p
= \frac{1}{\alpha}
= \frac{c}{n_1 \omega} \frac{1}{\sqrt{
= \frac{1}{2\alpha}
= \frac{c}{2 n_1 \omega} \frac{1}{\sqrt{
\sin^2\theta_i - \sin^2\theta_c
}}
= \frac{\lambda_0}{2 \pi n_1} \frac{1}{\sqrt{
= \frac{\lambda_0}{4 \pi n_1} \frac{1}{\sqrt{
\sin^2\theta_i - \sin^2\theta_c
}}
\end{equation}
Questo valore è importante per capire qual è la profondità massima
di un fluoroforo affinché questo possa scambiare energia con
di un fluoroforo affinché questo possa scambiare energia con
l'onda evanescente ed emettere fluorescenza.
Se consideriamo gli indici di rifrazione tipici del vetrino
coprioggetti ($n_1 \approx 1.5$) e di una soluzione acquosa
@ -812,14 +838,25 @@ coprioggetti ($n_1 \approx 1.5$) e di una soluzione acquosa
\SI{60}{\degree}$.
Considerando una lunghezza d'onda di eccitazione tipicamente usata
in microscopia di fluorescenza, $\lambda_0 = \SI{532}{\nm}$, e
un angolo di incidenza $\theta_c \approx \SI{62}{\degree}$,
otteniamo una profondità di penetrazione $d_p$ di circa \SI{300}{\nm}.
un angolo di incidenza $\theta_i \approx \SI{62}{\degree}$,
otteniamo una profondità di penetrazione $d_p$ di circa \SI{150}{\nm}.
Questi numeri ci danno un'idea del limiti del campo
di applicazione della microscopia TIRF. Quando è necessario
individuare fluorofori che si trovano a una profondità maggiore
di poche centinaia di nanometri rispetto al vetrino coprioggetti
questa tecnica non è più utilizzabile.
questa tecnica non è più utilizzabile. Inoltre, come recentemente
evidenziato \cite{}, esistono limiti che mettono in discussione
l'applicabilità dell'equazione \ref{eq:depth} in situazioni reali;
questa infatti non tiene conto di alcuni fattori, come la
- seppur piccola - divergenza del fascio laser gaussiano, che non
consente di definire univocamente l'angolo di incidenza.
Le caratteristiche del sistema ottico e variazioni di indice di
rifrazione all'interno del campione possono, in generale, fare sì
che una considerevole parte di radiazione diretta (non evanescente)
attraversi il campione. In generale non è possibile conoscere con
certezza il volume illuminato a priori, ma è necessario eseguire
un qualche tipo di calibrazione.
Per ottimizzare il rapporto segnale/rumore quando si deve lavorare
a profondità maggiori è stata sviluppata un'altra tecnica, la HILO,
@ -836,10 +873,11 @@ ridotto del campione.
In questo caso, come mostrato in figura \ref{fig:hilo}, si sfrutta
un fascio di illuminazione obliquo rispetto alla superficie del
campione. Questo fascio obliquo interseca sempre il centro del
sistema ottico, e quindi del cammino di raccolta della fluorescenza,
sistema ottico, e quindi la parte del campione a fuoco (ovvero posta
in un piano coniugato del sensore CMOS o CCD),
ma eccitando esclusivamente i fluorofori in uno spessore ridotto
del campione ($d$), ad una quota sulla superficie dipendente dallo
spostamento orizzontale del fascio di eccitazione ($\Delta x$).
del campione ($d$), attorno al piano focale, a una quota sulla superficie
dipendente dallo spostamento orizzontale del fascio di eccitazione ($\Delta x$).
\begin{figure}[ht]
\centering
@ -852,7 +890,8 @@ spostamento orizzontale del fascio di eccitazione ($\Delta x$).
\end{figure}
Lo spessore verticale illuminato è tanto più piccolo quanto
maggiore è l'angolo di incidenza del fascio.
maggiore è l'angolo di incidenza del fascio e tanto minore è
il diametro del fascio D (e quindi il campo visivo illuminato).
Nel caso dell'ottica geometrica lo spessore $d$ è dato dalla
relazione:
@ -860,12 +899,15 @@ relazione:
d = \frac{D}{\tan\theta_t}
\end{equation}
Quindi potrebbe essere reso piccolo a piacere avvicinando l'angolo
dove D è il diametro del fascio sul piano di incidenza e $\theta_t$ è l'angolo
del fascio rifratto rispetto alla normale.
Lo spessore $d$, quindi, potrebbe essere reso piccolo a piacere avvicinando l'angolo
di incidenza all'angolo critico. Tuttavia i fasci luminosi utilizzati,
tipicamente generati da un \textit{laser}, sono di tipo gaussiano e
non si propagano secondo le leggi dell'ottica geometrica.
In particolare il raggio minimo del fascio (\textit{waist}) e
la sua divergenza sono inversamente correlati. Se $w_0$ è il minimo
la sua divergenza sono inversamente correlati. Se $\$w_0$ è il minimo
valore del raggio del fascio durante la sua propagazione e $z$ è
la distanza, lungo la direzione di propagazione, dal punto di minimo,
l'evoluzione del raggio di un fascio gaussiano seguirà l'andamento:
@ -880,16 +922,37 @@ l'evoluzione del raggio di un fascio gaussiano seguirà l'andamento:
\right)^2}
\end{equation}
Il parametro $z_R$ introdotto nell'equazione \ref{eq:waist} rappresenta
una proprietà importante dei fasci gaussiani, ovvero il \textit{parametro
confocale}. A una distanza $z_R$ dal \textit{waist} lungo la direzione
di propagazione il diametro del fascio risulta aumentato di un fattore
$\sqrt{2}$, per poi continuare a crescere secondo la relazione \ref{eq:waist}.
Quindi, maggiore è la lunghezza $z_R$ minore sarà la divergenza. Questa lunghezza,
però, è inversamente proporzionale al diametro minimo del fascio, come si può
vedere confrontando il secondo e il terzo membro dell'equazione \ref{eq:waist}.
Questo vuol dire che è possibile ottenere un fascio gaussiano con un diametro più
piccolo solo aumentandone la divergenza.
%%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%%
Le dimensioni del \textit{waist} nella direzione perpendicolare alla
Nel caso della diffrazione di un fascio gaussiano, passando da un mezzo
con indice di rifrazione $\theta_i$ a uno con indice di rifrazione $\theta_r$,
le dimensioni del \textit{waist} nella direzione perpendicolare alla
superficie d'incidenza vengono compresse di un fattore
$\cos\theta_i / \cos\theta_r$, ma manterrà questo spessore
solo entro una lunghezza trasversale confrontabile con
$z_R' = \pi (w_0 \cos\theta_i / \cos\theta_r)^2 / \lambda$,
prima di divergere secondo l'equazione \ref{eq:waist}.
$\cos\theta_i / \cos\theta_r$. La divergenza del fascio sarà però determinata
dal nuovo fattore confocale
$z_R' = \pi (w_0')^2 / \lambda = \pi (w_0 \cos\theta_i / \cos\theta_r)^2 / \lambda$
(vedi figura \ref{fig:gaussian_hilo}).
\begin{figure}[ht]
\centering
\includegraphics[width=0.5\linewidth]{gaussian_hilo.pdf}
\caption{Compressione di un fascio gaussiano in seguito a rifrazione.}
\label{fig:gaussian_hilo}
\end{figure}
Possiamo quindi affermare che viene effettivamente illuminato uno
spessore di campione $\delta x = 2 w_0 \cos\theta_i / \cos\theta_r$
spessore di campione $\delta x = 2 w_0' = 2 w_0 \cos\theta_i / \cos\theta_r$
attraverso una lunghezza trasversale
$\delta z = 2 z_R' =
2 \pi (w_0 \cos\theta_i / \cos\theta_r)^2 / \lambda$
@ -901,7 +964,11 @@ modificato allontanando o avvicinando il campione
dall'obiettivo, la posizione in cui il fascio inclinato incide
sul vetrino risulterà traslata orizzontalmente e, di conseguenza, il
fascio di illuminazione attraverserà il centro del campione in
corrispondenza del piano focale.
corrispondenza del piano focale, come mostrato in figura \ref{fig:hilo_focus}
\begin{figure}[ht]
\centering
\includegraphics[width=0.5\linewidth]{hilo_focus.pdf}
\caption{Illuminazione HILO e selezione del piano focale.}
\label{fig:hilo_focus.pdf}
\end{figure}

+ 1
- 0
chapters/2-setup.tex View File

@ -205,6 +205,7 @@ consente di eseguire una calibrazione assistita.
\section{Pinzette ottiche}
\label{sec:tweezer}
Il fascio \textit{laser} collimato in uscita da una sorgente
\ce{Nd}:\ce{YVO4} attraversa immediatamente una serie di due isolatori


+ 7
- 7
chapters/3-methods.tex View File

@ -250,16 +250,16 @@ Osservando l'equazione di moto \ref{eq:bead_motion} si può
descrivere la dinamica della sfera in due regimi estremi:
\begin{itemize}
\item il regime \textit{balistico}, quando il moto è dominato dalla componente inerziale, con un tempo caratteristico
di rilassamento $\tau_\text{bal} = m / \gamma$.
di rilassamento $\tau_{\textrm{bal}} = m / \gamma$.
\item il regime \textit{diffusivo}, qunado il termine inerziale
legato alla massa è trascurabile, con un tempo di rilasamento
$\tau_\text{diff} = \gamma / k$.
$\tau_{\textrm{diff}} = \gamma / k$.
\end{itemize}
Tenendo conto delle caratteristiche delle microsfere
si hanno valori $\tau_\text{bal} < \SI{1}{\us}$, mentre
si hanno valori $\tau_{\textrm{bal}} < \SI{1}{\us}$, mentre
per i valori di $k$ ottenibili con il nostro sistema di pinzette
ottiche è possibile ridurre $\tau_\text{diff}$ fino a circa
ottiche è possibile ridurre $\tau_{\textrm{diff}}$ fino a circa
\SI{100}{\us}.
Il tempo di risposta del sistema nel regime balistico è quindi
@ -343,8 +343,8 @@ i valori di $\beta$ e $k$ imponendo i valori noti riportati in tabella \ref{tab:
Distanza sfera da superificie & $d$ & \SI{1}{\um} \\
Viscosità & $\eta$ & \SI{1e-3}{\Pa\second} \\
Coefficiente attrito idrodinamico & $\gamma$ & $6 \pi \eta R \left(1+\frac{9R}{16d}\right)$\\
Frequenza minima & $\nu_\text{min}$ & \SI{15}{\Hz} \\
Frequenza massima & $\nu_\text{max}$ & \SI{50}{\kHz} \\
Frequenza minima & $\nu_{\textrm{min}}$ & \SI{15}{\Hz} \\
Frequenza massima & $\nu_{\textrm{max}}$ & \SI{50}{\kHz} \\
\bottomrule
\end{tabular}
\caption{Parametri $fit$ distribuzione spettrale}
@ -743,4 +743,4 @@ loro fluttuazioni e quindi influenzando la corretta esecuzione del \textit{force
\caption{Ipotesi di esperimenti con fluorescenza di singola molecola combinata a \textit{force-clamp} e schema di illuminazione
TIRF (a) e HILO (b).}
\label{fig:three_beads}
\end{figure}
\end{figure}

BIN
images/gaussian_hilo.pdf View File


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