|
\chapter{Metodi}
|
|
\label{cap:methods}
|
|
%%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%%
|
|
\section{Stabilizzazione meccanica}
|
|
\label{sec:stabilization}
|
|
|
|
|
|
L'isolamento meccanico fornito dagli elastomeri e dal
|
|
tavolo ottico non è sufficiente a
|
|
mantenere la posizione del campione stabile al livello di precisione
|
|
del nanometro, precludendo la possibilità di poter eseguire misurazioni
|
|
di forza con la sensibilità del $\pN$.
|
|
|
|
Gli effetti più evidenti e rilevabili sono rapide oscillazioni della
|
|
posizione del campione dovute a vibrazioni acustiche residue e, quando
|
|
queste non vengono corrette, una
|
|
progressiva deriva rispetto alla posizione fissata che diventa
|
|
significativa ($> \SI{100}{\nm}$) per tempi di osservazione di
|
|
diversi minuti.
|
|
|
|
Per quantificare quest'effetto viene usato un apposito campione in cui
|
|
diverse microsfere in silice, di diametro \SI{0.5}{\um}, vengono
|
|
immobilizzate in uno strato di nitrocellulosa depositato nella
|
|
superficie interna del vetrino coprioggetti.
|
|
Le varie fasi per la preparazione di questo campione sono descritte
|
|
in dettaglio nell'appendice \ref{app:protocols}, protocollo
|
|
\ref{proto:silica_beads_flow_cell}.
|
|
|
|
Le microsfere immobilizzate nel campione possono essere messe a fuoco
|
|
e visualizzate attraverso il sistema di microscopia a luce trasmessa.
|
|
Una volta selezionata e messa a fuoco una microsfera, analizzando
|
|
l'immagine prodotta da uno dei due sensori CMOS è possibile calcolare
|
|
le coordinate (in pixel) del suo centroide:
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
(x_{cen}, y_{cen}) =
|
|
\frac{
|
|
\sum_{(x, y)} (x, y) I(x, y)
|
|
}{
|
|
\sum_{(x, y)} I(x, y)
|
|
}
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
Per evitare di considerare altre microsfere o imperfezioni sul campione
|
|
si sceglie di effettuare il calcolo del centroide limitando la regione
|
|
dell'immagine utilizzata a un rettangolo nel quale una microsfera è
|
|
sufficientemente isolata.
|
|
|
|
Ricalcolando il centroide a intervalli temporali fissati è possibile
|
|
osservare la deriva della posizione (x, y) della microsfera.
|
|
Inoltre si ha la possibilità sfruttare questo stesso campione per effettuare
|
|
una calibrazione del fattore di conversione pixel/nm lungo due assi
|
|
ortogonali.
|
|
|
|
Per effettuare la calibrazione, dopo aver calcolato il centroide
|
|
della microsfera, si sposta la posizione dal campione lungo uno dei
|
|
due assi di una distanza ben definita, utilizzando il traslatore
|
|
piezoelettrico. A questo punto, calcolando la nuova posizione del
|
|
centroide si ottiene il rapporto tra lo spostamento comandato al
|
|
traslatore (in \si{\nm}) e la variazione del centroide (in pixel).
|
|
Ripetendo questa operazione in sequenza per vari punti si ottiene
|
|
una curva di calibrazione per l'asse scansionata, dalla quale è
|
|
possibile estrarre la costante di proporzionalità con un \textit{fit}
|
|
lineare.
|
|
|
|
Risulta più complesso invece stimare la deriva del piano focale:
|
|
per questo motivo è stato sviluppato un metodo per determinare, a
|
|
partire dalle immagini, un valore che sia linearmente proporzionale
|
|
alla quota del piano focale rispetto al centro della sfera.
|
|
Il metodo sviluppato sfrutta le caratteristiche dalla distribuzione
|
|
radiale della luce diffusa dalla microsfera.
|
|
|
|
In figura \ref{fig:radial_itensity} è rappresentato l'andamento del
|
|
profilo radiale che si ottiene variando la quota del piano focale (z).
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/radial_intensity.pdf}
|
|
\caption{Profilo di intensità radiale rispetto al centroide
|
|
per una microsfera, in diversi piani }
|
|
\label{fig:radial_itensity}
|
|
\end{figure}
|
|
Da questi dati è stato possibile osservare che il rapporto tra
|
|
l'intensità integrata in un anello centrato sulla microsfera e quella
|
|
integrata nella regione interna al medesimo anello (regioni gialle
|
|
e arancioni in figura), mostra un andamento proporzionale alla quota
|
|
del piano focale in un certo intorno del centro della sfera.
|
|
|
|
In figura \ref{fig:z_est} viene mostrato l'andamento del rapporto
|
|
tra l'intensità media in un anello con raggi interno ed esterno
|
|
rispettivamente di \SIlist{80;160}{pixel} e l'intensità media
|
|
calcolata in un raggio di \SI{60}{pixel}.
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[scale=0.8]{images/z-est.pdf}
|
|
\caption{Andamento del rapporto intensità anello/cerchio in
|
|
funzione della quota del piano focale.}
|
|
\label{fig:z_est}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Come si può osservare la quantità così definita può essere usata
|
|
per determinare la quota con una discreta sensibilità in
|
|
un intervallo di \SIrange{3}{4}{\um} intorno al centro della sfera.
|
|
Analogamente a quanto fatto per gli assi x e y è possibile eseguire
|
|
una calibrazione spostando il campione di una quota controllata
|
|
attraverso il traslatore piezoelettrico dell'obiettivo, e costruire
|
|
una curva di calibrazione come quella in figura \ref{fig:z_est}.
|
|
|
|
Conoscendo quindi tre fattori di calibrazione è possibile, partendo
|
|
da un'immagine della microsfera, ottenere una stima della sua
|
|
posizione nello spazio tridimensionale. Questo ci permette
|
|
di implementare un sistema attivo di stabilizzazione meccanica del
|
|
microscopio. Continuando a monitorare la sfera, mediante l'illuminazione
|
|
a luce trasmessa, mentre si
|
|
eseguono le misurazioni di forza è possibile rilevare gli spostamenti
|
|
del campione e compensarli inviando appositi comandi ai traslatori
|
|
piezoelettrici.
|
|
|
|
In ambiente LabVIEW è stato sviluppato un codice di controllo
|
|
che implementa un meccanismo di retroazione tra le letture sulla
|
|
posizione della sfera e i traslatori piezoelettrici.
|
|
Il codice consente all'operatore di selezionare la regione
|
|
d'interesse intorno a una microsfera immobilizzata sul vetrino
|
|
coprioggetti. Successivamente, quando la stabilizzazione viene
|
|
attivata, il codice acquisice diverse immagini della microsfera e
|
|
ne stima la posizione iniziale in termini di coordinate (x, y, z),
|
|
usando i fattori di conversione determinati con la calibrazione.
|
|
A questo punto viene avviato un ciclo di retroazione: continuando
|
|
ad acquisire immagini della microsfera (a una frequenza che può
|
|
arrivare fino a \SI{100}{\Hz}), viene comandato ai traslatori
|
|
uno spostamento proporzionale alla differenza tra la posizione della
|
|
sfera rilevata e quella iniziale.
|
|
|
|
Quando il sistema di stabilizzazione meccanica viene attivato
|
|
è stato possibile mostrare che la posizione media del campione resta
|
|
stabile indipendentemente dal tempo di osservazione, con fluttuazioni
|
|
che hanno una deviazione standard di circa \SI{1}{\nm}.
|
|
Il fattore di proporzionalità del ciclo di retroazione
|
|
(guadagno, $g$) influenza
|
|
le caratteristiche della risposta del sistema: un fattore troppo
|
|
elevato causerà una sovracorrezione delle perturbazioni, inducendo
|
|
oscillazioni smorzate, mentre un fattore troppo piccolo aumenterà
|
|
inutilmente il tempo di risposta. Per trovare il valore ottimale
|
|
si osserva la risposta del sistema per diversi valori di $g$, in
|
|
seguito ad una perturbazione fittizia ottenuta modificando di
|
|
\SI{50}{\nm} il \textit{set point} lungo una direzione.
|
|
In figura \ref{fig:step_response} si riporta la risposta del
|
|
sistema di stabilizzazione per gli assi $x$ e $z$ a diversi valori
|
|
del fattore di proporzionalità $g$.
|
|
|
|
\begin{figure}
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/step_response.pdf}
|
|
\caption{Risposta del sistema a una perturbazione di \SI{50}{\nm}
|
|
lungo l'asse $x$ (sinistra) e $z$ (destra).}
|
|
\label{fig:step_response}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
L'acquisizione di diverse tracce della durata di 5-10 minuti ha
|
|
sempre mostrato deviazioni standard delle fluttuazioni comprese
|
|
tra \SIlist{1;2}{\nm}.
|
|
In figura \ref{fig:active_stab} vengono riportati i tracciati delle
|
|
fluttuazioni della posizione del campione, con (nero) e senza
|
|
(rosso) l'intervento del sistema di stabilizzazione attiva.
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/active_stab.pdf}
|
|
\caption{Deriva della posizione del campione con e senza sistema di
|
|
stabilizzazione attivato.}
|
|
\label{fig:active_stab}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
|
|
\section{Calibrazione dei parametri delle trappole}
|
|
\label{sec:calibration}
|
|
|
|
Per poter eseguire misurazioni di forza su sistemi biologici è
|
|
fondamentale riuscire a conoscere il valore della tensione applicata
|
|
alle microsfere intrappolate nelle pinzette ottiche. Questo si può
|
|
effettuare poriché l'azione di una pinzetta ottica su una
|
|
microsfera può essere modellizzata come una forza di richiamo
|
|
elastica (vedi sezione \ref{sec:ot}).
|
|
|
|
Conoscendo la costante di richiamo è possibile mettere in relazione
|
|
la posizione della sfera rispetto al centro della trappola
|
|
(rilevabile tramite i QPD) con la risultante delle altre forze
|
|
esterne che agiscono sulla microsfera.
|
|
|
|
Quando la microsfera viene messa in movimento da una forza esterna,
|
|
è necessario considerare anche l'attrito viscoso con
|
|
il fluido in cui è immersa. La forza dovuta all'attrito viscoso
|
|
avrà la forma:
|
|
\begin{equation}
|
|
\vec{F}_{visc} = - \gamma \vec{v}\
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
Dove $\gamma$ è il coefficiente di attrito idrodinamico della
|
|
microsfera.
|
|
|
|
Nel caso più generale la microsfera sarà inoltre soggetta a una
|
|
sforza stocastica ($\eta(t)$), dovuta agli urti con il fluido, e
|
|
a una forza esterna $\vec{F}$, ad esempio dovuta alle tensione di una
|
|
biomolecola legata ad essa.
|
|
Possiamo quindi scrivere la forma più generale dell'equazione di moto
|
|
come:
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
\label{eq:bead_motion}
|
|
\underbrace{m \ddot{\vec{x}}}_\text{inerzia} =
|
|
\underbrace{\vec{F}}_\text{f. esterna}
|
|
+ \underbrace{\mathbf{\eta}(t)}_\text{f. stoc.}
|
|
- \underbrace{\gamma \dot{\vec{x}}}_\text{attrito}
|
|
- \underbrace{k \vec{x}}_\text{richiamo}
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
La forza stocastica $\eta(t)$ ha media nulla
|
|
($\langle\eta(t)\rangle_t = 0$)
|
|
e viene assunta con distribuzione di probabilità gaussiana con
|
|
$\sigma^2 = 2 k_B T \gamma$.
|
|
|
|
In condizioni di equilibrio la posizione media della microsfera
|
|
sarà quindi:
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
\vec{x_0} = \langle \vec{x(t)} \rangle_t = - \frac{\vec{F}}{k}
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
E la deviazione standard delle fluttuazioni rispetto alla posizione
|
|
di equilibrio può essere determinata usando il teorema di
|
|
equipartizione dell'energia:
|
|
|
|
\begin{multline}
|
|
\langle U(x) \rangle = \frac{1}{2} k \langle (x-x_0)^2 \rangle
|
|
= \frac{1}{2} k_B T
|
|
\\ \Longrightarrow
|
|
\langle (x-x_0)^2 \rangle
|
|
= \langle x^2 \rangle - \langle x \rangle^2
|
|
= \sigma_x^2 = k_B T / k
|
|
\end{multline}
|
|
|
|
Oltre alla conoscenza di $k$ un altro valore importante da stimare
|
|
è il tempo di rilassamento $\tau$ del sistema, ovvero la scala
|
|
temporale nella quale la microsfera si stabilizza nella nuova
|
|
posizione di equilibrio a seguito di una variazione della forza $F$.
|
|
Questo tempo è strettamente legato allo smorzamento dovuto all'attrito
|
|
idrodinamico.
|
|
Osservando l'equazione di moto \ref{eq:bead_motion} si può
|
|
descrivere la dinamica della sfera in due regimi estremi:
|
|
\begin{itemize}
|
|
\item il regime \textit{balistico}, quando il moto è dominato dalla componente inerziale, con un tempo caratteristico
|
|
di rilassamento $\tau_\text{bal} = m / \gamma$.
|
|
\item il regime \textit{diffusivo}, qunado il termine inerziale
|
|
legato alla massa è trascurabile, con un tempo di rilasamento
|
|
$\tau_\text{diff} = \gamma / k$.
|
|
\end{itemize}
|
|
|
|
Tenendo conto delle caratteristiche delle microsfere
|
|
si hanno valori $\tau_\text{bal} < \SI{1}{\us}$, mentre
|
|
per i valori di $k$ ottenibili con il nostro sistema di pinzette
|
|
ottiche è possibile ridurre $\tau_\text{diff}$ fino a circa
|
|
\SI{100}{\us}.
|
|
|
|
Il tempo di risposta del sistema nel regime balistico è quindi
|
|
completamente trascurabile, e il transiente tra una perturbazione
|
|
e la stabilizzazione nella nuova posizione di equilibrio può
|
|
essere descritto trascurando il termine inerziale dell'equazione di moto.
|
|
|
|
Il protocollo di calibrazione sviluppato consente, partendo
|
|
dalle tracce temporali della posizione relativa della
|
|
microsfera un'asse spaziale, di determinare con precisione i
|
|
valori di $\tau$, e quindi di $k$ per ogni posizione della
|
|
trappola.
|
|
|
|
Per fare questo si tiene contro che la densità spettrale
|
|
delle fluttuazioni di posizione è data da \cite{Gittes1998}:
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
S_x(\nu) = \frac{k_B T}{\pi^2 \gamma (\nu^2 + \nu_c^2)}
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
Dove $\nu_c = 1 / (2\pi\tau) = k / 2\pi\gamma$ é
|
|
la frequenza di taglio, inversamente proporzionale al tempo
|
|
di rilassamento.
|
|
Da un semplice $fit$ della distribuzione spettrale di rumore
|
|
della posizione è possibile quindi estrarre il valore di k.
|
|
|
|
Il segnale misurabile in uscita dagli amplificatori differenziali dei QPD è un segnale in tensione,
|
|
compreso tra \SIlist{-10;+10}{\V}, proporzionale alla
|
|
posizione relativa della microsfera.
|
|
Tramite il fit dei dati possiamo anche ottenere il fattore
|
|
di conversione $\beta$ tale che $x_{rel}(V) = \beta V$.
|
|
La distribuzione spettrale di rumore, riscalata rispetto alla
|
|
variabile $V$ sarà quindi:
|
|
\begin{equation}
|
|
S_V(\nu) = \frac{1}{\beta^2}\frac{k_B T}{\pi^2 \gamma (\nu^2 + \nu_c^2)}
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
Per la calibrazione si procede a preparare un campione con una
|
|
cella di flusso contenente microsfere di polistirene (di diametro
|
|
\SI{0.9}{\um}).
|
|
Grazie a un'apposito programma sviluppato in ambiente LabVIEW
|
|
(\texttt{Force-Clamp Calibration}) è possibile acquisire in maniera
|
|
automatizzata le tracce del segnale prodotto dai QPD per una griglia
|
|
di posizioni delle trappole. Il codice si occupo di memorizzare
|
|
le tracce temporali per ogni posizione spostare la trappola modificando
|
|
la frequenza inviata agli AOM.
|
|
|
|
Le tracce temporali vengono acquisite per una durata di \SI{10}{\second} per ogni
|
|
posizione e una frequenza di campionamento di \SI{200}{kS/s}.
|
|
In seguito viene calcolata per ogni posizione di ciascuna
|
|
trappola la distribuzione spettrale di rumore, utilizzando un algoritmo
|
|
per la trasformata di Fourier veloce (\textit{Fast Fourier Transform}, FFT),
|
|
con i seguenti parametri riportati in tabella \ref{tab:fft_par}.
|
|
|
|
\begin{table}[ht]
|
|
\centering
|
|
\begin{tabular}{>{\bf}l l}
|
|
\toprule
|
|
Metodo di accumulo & Welch\cite{Welch1967} \\
|
|
Segmenti accumulati & 32 \\
|
|
Lunghezza segmenti & N/32 \\
|
|
Finestra & Hann \\
|
|
\bottomrule
|
|
|
|
\end{tabular}
|
|
\caption{Parametri FFT}
|
|
\label{tab:fft_par}
|
|
\end{table}
|
|
|
|
Su ciascuno spettro viene eseguito un \textit{fit} per determinare
|
|
i valori di $\beta$ e $k$ imponendo i valori noti riportati in tabella \ref{tab:fit}.
|
|
|
|
\begin{table}[ht]
|
|
\centering
|
|
\begin{tabular}{l l l}
|
|
\toprule
|
|
Parametro & Simbolo & Valore \\
|
|
\midrule
|
|
Raggio della sfera & $R$ & \SI{450}{\nm} \\
|
|
Temperatura & $T$ & \SI{295}{\K} \\
|
|
Distanza sfera da superificie & $d$ & \SI{1}{\um} \\
|
|
Viscosità & $\eta$ & \SI{1e-3}{Pl} \\
|
|
Coefficiente attrido idrodinamico & $\gamma$ & $6 \pi \eta R \left(1+\frac{9R}{16d}\right)$\\
|
|
Frequenza minima & $\nu_\text{min}$ & \SI{15}{\Hz} \\
|
|
Frequenza massima & $\nu_\text{max}$ & \SI{50}{\kHz} \\
|
|
\bottomrule
|
|
\end{tabular}
|
|
\caption{Parametri $fit$ distribuzione spettrale}
|
|
\label{tab:fit}
|
|
\end{table}
|
|
|
|
In figura \ref{fig:psd} si riporta una distribuzione spettrale tipica
|
|
confrontata con la funzione teorica.
|
|
|
|
\begin{figure}[htpb]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/PSD.pdf}
|
|
\caption[scale=0.7]{Densità spettrale di rumore per la posizione di una trappola
|
|
ottica.}
|
|
\label{fig:psd}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Dai valori di $k$ e $\beta$ estratti per tutte le posizioni di ciascuna
|
|
trappola è possibile interpolare i valori per ogni possibile posizione
|
|
intermeda. Per fare questo si usano delle funzioni polinomiali di ordine 3,
|
|
come mostrato in figura \ref{fig:trap_ccurves}.
|
|
|
|
\begin{figure}[htpb]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[scale=0.8]{images/calibration_curves.pdf}
|
|
\caption{Andamento e interpolazione dei valori di $k$ e $\beta$.}
|
|
\label{fig:trap_ccurves}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
\section{\textit{Force-clamp} tramite ciclo di retroazione}
|
|
\label{sec:force-clamp}
|
|
|
|
Un esperimento di \textit{force-clamp} consiste nello studiare la
|
|
dinamica e della formazione e della rottura del legame tra due
|
|
molecole quando queste sono sottoposte a una determinata
|
|
forza di trazione costante.
|
|
Per poter applicare una tale forza attraverso una microsfera catturata
|
|
in una pinzetta ottica è stato implementato un sistema di retroazione
|
|
tra la lettura della posizione relativa della microsfera nella
|
|
trappola (dai QPD) e la posizione della trappola nel campione (tramite
|
|
gli AOM).
|
|
Scelto un valore per la forza (F) si può ricavare, conoscendo il
|
|
valore di $k$, il corrispondente spostamento $\Delta x$ rispetto al
|
|
centro della trappola.
|
|
Comandando agli AOM uno spostamento della trappola proporzionale
|
|
alla differenza tra la posizione relativa attuale della microsfera
|
|
nella e quella necessaria per ottenere la forza $F$ possono
|
|
verificarsi due situazioni:
|
|
\begin{itemize}
|
|
\item Nel caso in cui la microsfera sia libera in soluzione,
|
|
ovvero non vi sia applicata alcuna forza esterna, essa tenderà
|
|
a muoversi sempre verso il centro della trappola (la sua posizione
|
|
di equilibrio). Il sistema di retroazione quindi, per mantenere
|
|
la sfera in un punto di non equilibrio a distanza $\Delta x$ dalla
|
|
posizione di riposo dovrà continuare a muovere indefinitamente
|
|
la posizione della trappola nella stessa direzione.
|
|
\item Nel caso in cui la microsfera si leghi a delle molecole
|
|
immobilizzate sulla superficie del campione, lo spostamento delle
|
|
trappola si arresterà quando la forza esterna esercitata sulla
|
|
microsfera, dovuta al legame, sarà tale da mantere $\Delta x$
|
|
al valore fissato. In questo modo, alle due molecole legate,
|
|
sarà applicata una tensione pari a quella selezionata.
|
|
\end{itemize}
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/tension.pdf}
|
|
\caption{\textit{Force-clamp} con una trappola.}
|
|
\label{fig:tension}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Osservando i tracciati temporali della posizione relativa della
|
|
microsfera è possibile individuare la transizione tra questi due
|
|
regimi, sia attraverso la velocità di variazione della posizione,
|
|
che possiamo ottenere derivando numericamente il segnale, sia dalla
|
|
variazione della deviazione standard delle fluttuazioni e del loro
|
|
spettro di rumore. Tramite un'analisi statistica di questi dati
|
|
per diversi valori di tensione selezionati è possibile caratterizzare
|
|
quantitativamente la dipendenza dalle sollecitazioni esterne del
|
|
legame analizzato.
|
|
|
|
Per realizzare sperimentalmente questa misura occorre un sistema
|
|
elettronico in grado di campionare il segnale prodotto dai QPD e
|
|
modificare di conseguenza la frequenza del segnale di modulazione invato
|
|
agli AOM.
|
|
Per garantire un funzionamento stabile e la possibilità
|
|
di rilevare eventi di durata confrontabile con il tempo di rilassamento
|
|
diffusivo si utilizza una scheda elettronica programmabile dedicata,
|
|
di tipo FPGA (\textit{Field Programmable Gate Array}), per controllare
|
|
il ciclo di retroazione.
|
|
In questo modo è possibile leggere i valori di posizione e aggiustare
|
|
il segnale generato per gli AOM a una frequenza di \SI{200}{\kHz}, pari
|
|
al dobbio della larghezza di banda dei diodi usati nei QPD.
|
|
|
|
La scheda FPGA (National Instruments) è stata programmata con un codice
|
|
progettato in ambiente LabVIEW, e comunica con un apposito programma
|
|
in esecuzione sul PC di controllo dell'esperimento per configurare i
|
|
parametri sperimentali e memorizzare i tracciati (\texttt{Force-Clamp Control}).
|
|
|
|
In figura \ref{fig:forceclamp-feedback} è mostrato una schema
|
|
semplificato del ciclo di retroazione implementato per ciascuna
|
|
trappola.
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/forceclamp_feedback.pdf}
|
|
\caption{Caption}
|
|
\label{fig:forceclamp-feedback}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
\section{Saggio a tre sfere}
|
|
\label{sec:three-beads}
|
|
|
|
Visto che nelle giunzioni aderenti la trasmissione degli sforzi
|
|
meccanici è spesso media tra proteine filamentose (come la
|
|
\textit{F-actina}) risulta particolarmente utile sviluppare un
|
|
saggio in cui, usando due trappole, è possibile mettere in tensione
|
|
una proteina filamentosa, simulando ad esempio lo stato in cui si
|
|
può trovare la \textit{F-actina} nel citoscheletro.
|
|
|
|
\begin{figure}[h]
|
|
\centering
|
|
\begin{subfigure}{0.45\linewidth}
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=\linewidth]{images/three_beads_tension.pdf}
|
|
\caption{}
|
|
\label{fig:feedback-off}
|
|
\end{subfigure}
|
|
\\[\baselineskip]
|
|
\begin{subfigure}{0.45\linewidth}
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=\linewidth]{images/three_beads_fbON_unbound.pdf}
|
|
\caption{}
|
|
\label{fig:feedback-on-unbound}
|
|
\end{subfigure}
|
|
\hfill
|
|
\begin{subfigure}[H]{0.45\linewidth}
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=\linewidth]{images/three_beads_fbON_bound.pdf}
|
|
\caption{}
|
|
\label{fig:feedback-on-bound}
|
|
\end{subfigure}
|
|
\centering
|
|
\caption{(a) Ciclo di retroazione disattivato, microsfere in posizione di equilibrio. La tensione del filamento può essere aggiustata modificando la distanza delle trappole. (b) Ciclo di retroazione
|
|
attivato, nessuna molecola immobilizzata legata al filamento. Le
|
|
trappole si muovono indefinitamente per ``inseguire'' la posizione
|
|
corrispondente alla forza richiesta. (c) Il filamento si lega con
|
|
una molecola immobilizzata sul vetrino, la microsfera raggiunge la
|
|
posizione target e lo spostamento delle trappole si arresta. La forza
|
|
applicata sul legame è pari a quella selezionata}.
|
|
\label{fig:three_beads}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
In figura \ref{fig:three_beads} è rappresentato lo schema realizzato.
|
|
In mancanza di legame il sistema continuerebbe a muovere le trappole
|
|
indefinitamente fino a raggiungere regioni dove l'efficienza
|
|
di intrappolamento non è più sufficiente oppure a esaurire l'intervallo
|
|
di deflessioni ottenibili con gli AOM.
|
|
Per evitare questo si decide di limitare gli spostamenti massimi
|
|
delle trappole in un intervallo di qualche \si{nm}, implementando
|
|
un sistema di ``riflessione'': quando il fascio che sta tentando di
|
|
applicare la forza selezionata $\Delta F$ si è spostato di un determinato
|
|
cammino massimo, si scambia il ruolo delle due trappole e si applica
|
|
un comanda un incremento di forza $-\Delta F$ sulla trappola che prima
|
|
era passiva. In questo modo la tensione applicata sul sistema meccanico
|
|
è uguale in modulo e opposta in verso. Inoltre il sistema può continuare
|
|
ad acquisire dati autonomamente per lunghi intervalli di tempo senza
|
|
la necessità di interventi manuali.
|
|
|
|
Uno schema di questo tipo è già stato utilizzato per lo studio
|
|
dell'interazione di motori molecolari (come la \textit{miosina}) e
|
|
filamenti di \textit{actina}.
|
|
Nello studio delle giunzioni cellulari sono ipotizzabili numerosi
|
|
esperimenti in cui l'interazione di uno o più fattori coinvolti
|
|
nel complesso delle adesioni sia fatti interagire con un filamento
|
|
di actina teso tra le due trappole.
|
|
|
|
|
|
\section{Fluorescenza di singola molecola.}
|
|
\label{sec:single_molecule_fluorescence}
|
|
|
|
L'apparato sperimentale consente, in parallelo all'esecuzione di
|
|
un esperimento di \textit{force-clamp}, di eccitare la fluorescenza
|
|
del campione alle lunghezze d'onda di \SIlist{488;532;635}{\nm}.
|
|
Anche il sistema di stabilizzazione attiva (che usa una
|
|
transilluminazione a lunghezze d'onda $ >\SI{700}{\nm}$ può essere
|
|
mantenuto attivo contemporaneamente, visto che le finestra
|
|
di eccitazione e emissione scelte sono a lunghezze d'onda inferiori.
|
|
|
|
I filtri dicroici utilizzati (vedi tabella \ref{tab:optical_components})
|
|
permettono di osservare radiazione di fluorescenza emessa nelle
|
|
finestre riportate in tabella \ref{tab:fluo_lambda}:
|
|
|
|
\begin{table}[ht]
|
|
\centering
|
|
\begin{tabular}{c c c}
|
|
\toprule
|
|
$\lambda$ eccitazione [\si{nm}] & $\lambda$ emissione [\si{nm}] & Potenza massima [\si{mW}] \\
|
|
\midrule
|
|
\num{488} & \numrange{502.5}{518.5} & \num{1.6}\\
|
|
\num{532} & \numrange{550.0}{613.0} & \num{1.1}\\
|
|
\num{635} & \numrange{663.0}{700.0} & \num{2.4} \\
|
|
\bottomrule
|
|
\end{tabular}
|
|
\caption{Lunghezze d'onda di eccitazione e emissione compatibili con l'apparato sperimentale, e potenza
|
|
elettromagnetica toatale immessa nel campo visivo.}
|
|
\label{tab:fluo_lambda}
|
|
\end{table}
|
|
|
|
Per ciascuna lunghezza d'onda è possibile ottenere una potenza totale nel campo
|
|
visivo raccolto dal sensore EMCCD $\SI{1}{mW}$.
|
|
Per confrontare le proprietà di fluorofori a diverse lunghezze d'onda scegliamo
|
|
di impostare l'emissione di tutte le sorgenti laser in modo da avere sempre
|
|
$\SI{1}{\mW}$ di potenza ottica sul campione.
|
|
Per rendere uniforme la distribuzione di potenza nel campo visivo si tronca il
|
|
fascio gaussiano prima di focalizzarlo sull'obiettivo a un raggio pari circa
|
|
a 1/15 di quello iniziale (corrispondente a una regione sul campione pari al
|
|
campo visivo).
|
|
In questo modo le deviazione massima d'intensità tra i bordi e il centro
|
|
della regione illuminata è ridotta al \SI{17}{\percent} (figura \ref{fig:flatfield}).
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/flatfield.png}
|
|
\caption{Simulazione della distribuzione spaziale intensità \textit{laser} sul campione. Nell'inserto viene evidenziate la regione corrispondente al campo
|
|
visivo della telecamera di fluorescenza.}
|
|
\label{fig:flatfield}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
La densità di potenza che si riesce ad ottenere sul campione risulta intorno ai
|
|
\SI{100}{\W\per\square\cm}.
|
|
|
|
Per poter rilevare e localizzare singoli fluorofori è necessario ottenere
|
|
un rapporto segnale/rumore molto elevato.
|
|
I fotoni emessi da una singola molecola sono relativamente pochi e tutte
|
|
le sorgenti di fotoni spuri che potrebbero raggiungere il rilevatore
|
|
devono essere soppresse nel miglior modo possibile.
|
|
I componenti ottici usati nell'apparato, le strutture di sostegno
|
|
del microscopio, i vetrini usati per preparare i campione e i solventi usati
|
|
possono essere deboli sorgenti di fluorescenza ed emettere fotoni
|
|
alle stesse lunghezze d'onda raccolte.
|
|
Per questo motivo è di particolare importanza isolare spazialmente i diversi
|
|
cammini ottici nell'apparato, minimizzare la diffusione della luce riducendo
|
|
il diametro dei fasci a quello necessario, prestando particolare cura al
|
|
perfetto allineamento e centraggio di ogni componente e inserendo elementi
|
|
assorbenti di separazione quando possibile.
|
|
Lo spettro di emissione del laser utilizzato per il fascio di eccitazione
|
|
deve essere il più pulito possibile, infatti eventuali componenti residue
|
|
vicine alla finestra di emissione del fluoroforo possono portare a un aumento
|
|
della luce retrodiffusa dal campione nel cammino di raccolta, aumentando
|
|
significativamente il rumore all'aumentare della potenza del laser.
|
|
Per questo motivo, visto che le sorgenti che abbiamo a disposizione
|
|
sono economici laser a diodo con spettri di emissione non particolarmente
|
|
\textit{puliti}, è necessario utilizzare dei filtri di \textit{clean-up}
|
|
in modo da sopprimere con fattori di estinzione elevati ogni emissione spuria.
|
|
|
|
Ugualmente importante è massimizzare l'efficienza di raccolta:
|
|
il rilevatore utilizzato, un sensore EMCCD, può operare in regime di
|
|
\textit{conteggio fotoni}, con una sensibilità molto elevata anche a
|
|
brevi tempi di integrazione.
|
|
Infatti, a differenza di quanto avviene nei comuni sensori CCD,
|
|
gli elettroni accumulati in ciascuna cella del sensore attraversano una
|
|
regione di moltiplicazione, dove, grazie a un'elevata differenza di
|
|
potenziale, viene massimizzata la possibilità di generare nuovi elettroni
|
|
per ionizzazione da impatto. Il segnale (sotto forma di cariche accumulate)
|
|
che a questo punto viene trasferito allo stadio di integrazione e lettura
|
|
del CCD, presenta già un elevato guadagno senza dover far ricorso a
|
|
ulteriori stadi di amplificazione elettronica.
|
|
Per operare correttamente il sensore EMCCD deve essere raffreddato
|
|
a temperature $< \SI{-60}{\celsius}$, in modo da ridurre il più
|
|
possibile gli elettroni prodotti termicamente (corrente di buio),
|
|
che possono subire lo stesso processo di moltiplicazione dei
|
|
fotoelettroni.
|
|
|
|
Oltre al rumore dovuto all'apparato sperimentale è importante tenere conto
|
|
del fatto che, quando si usa il classico schema di illuminazione a campo
|
|
largo, il fascio di eccitazione attraversa per intero il campione.
|
|
Quindi la presenza di fluorofori liberi in soluzione provoca un aumento
|
|
consistente del rumore dovuto alla fluorescenza fuori fuoco.
|
|
|
|
I fluorofori che si intende utilizzare per lo studio della
|
|
meccanotrasduzione appartengono alla famiglia Alexa Fluor (Molecular Probes).
|
|
Si tratta di molecole organiche sintetica particolarmente fotostabili
|
|
e con resa quantica elevata.
|
|
In commercio si trovano versioni funzionalizzate legate a svariate molecole
|
|
e kit di coniugazione che consentono di legare semplicemente e rapidamente
|
|
i fluorofori a proteine e peptidi.
|
|
Tenendo conto delle caratteristiche dell'apparato è possibile utilizzare
|
|
i fluorofori Alexa Fluor 647, 532 e 488. In figura \ref{fig:alexa_spectra}
|
|
si riportano gli spettri di eccitazione e emissione.
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=0.8\linewidth]{images/alexa.png}
|
|
\caption{Spettri di eccitazione (linea tratteggiata) ed emissione
|
|
(linea continua) dei fluorofori Alexa Fluor
|
|
488, 532 e 635.}
|
|
\label{fig:alexa_spectra}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Per testare la capacità di visualizzare singoli fluorofori e stimare le
|
|
prestazioni del sistema utilizziamo dei campioni in cui una distribuzione
|
|
di Alexa 647 è immobilizzata sul vetrino coprioggetti (vedi appendice
|
|
\ref{app:protocols}, protocollo \ref{proto:alexa}).
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[scale=0.8]{images/alexa647.png}
|
|
\caption{Cella di flusso con fluorofori immobilizzati sul vetrino coprioggetti (a sinistra) e campione di controllo senza fluorofori (a destra). Istogramma delle due
|
|
immagini (in basso).}
|
|
\label{fig:alexa647}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Il contrasto medio tra i fluorofori è lo sfondo (media dell'intensità in una regione
|
|
lontana dai fluorofori) è maggiore di 10.
|
|
|
|
\begin{figure}
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[scale=0.8]{images/snr.png}
|
|
\caption{Profilo di intensità della PSF di un fluoroforo.}
|
|
\label{fig:snr}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
\section{TIRF e illuminazione a modi di galleria}
|
|
\label{sec:gallery_mode}
|
|
|
|
Quando sono presenti fluorofori liberi in soluzione, per esempio nel caso
|
|
in cui si voglia studiare l'interazione delle due proteine sottoposte a
|
|
\textit{force-clamp} con una terza piccola molecola marcata,
|
|
il rapporto segnale-rumore si riduce drasticamente.
|
|
La fluorescenza fuori fuoco infatti farà aumentare il valore medio del rumore
|
|
di fondo, arrivando a nascondere il segnale dei singoli fluorofori sul
|
|
piano focale.
|
|
Come è stato introdotto in \ref{sec:fluo} è possibile migliorare il rapporto
|
|
segnale/rumore in questi casi sfruttando schemi di illuminazione che riducono
|
|
il volume di campione eccitato.
|
|
|
|
Nel nostro caso l'interesse sta non solo nel ridurre il volume di eccitazione,
|
|
ma concentrarlo in una regione di poche centinaia di \si{\nm} intorno al sito
|
|
di interazione tra le due proteine sottoposte a \textit{force-clamp}.
|
|
|
|
Grazie all'utilizzo dello specchio mobile sul percorso di eccitazione della
|
|
fluorescenza, e di un obiettivo TIRF, è possibile esplorare tramite questo
|
|
apparato due possibili scenari sperimentali per rilevare la fluorescenza
|
|
nei dintorni della regione del legame.
|
|
|
|
Il primo schema (figura \ref{fig:gallery_tirf}) fa leva sull'accoppiamento evanescente
|
|
tra l'onda elettromagnetica presente sulla superficie del vetrino (illuminazione
|
|
TIRF) e i modi di galleria della microsfera immobilizzata (che si comporta come
|
|
risuonatore ottico). In questo modo un fluoroforo che si viene a trovare molto
|
|
vicino alla microsfera potrà acquisire, sempre per accoppiamento evanescente, parte
|
|
della radiazione luminosa immagazzinata nei modi di galleria.
|
|
|
|
Il secondo schema (figura \ref{fig:gallery_hilo}) sfrutta invece uno schema di
|
|
illuminazione HILO nel quale la microsfera è raggiunta lateralmente dal fascio di
|
|
eccitazione.
|
|
In questo modo è possibile eccitare direttamente i fluorofori (senza dipendere
|
|
dall'accoppiamento evanescente) quando questi non vengono messi in ombra dalla
|
|
microsfera. Quando si trovano sul lato opposto una loro eccitazione potrebbe comunque
|
|
essere resa possibile dalla luce diffusa attraverso la microsfera.
|
|
Un possibile problema di questo schema riguarda la geometria imposta dalla disposizione
|
|
degli elementi ottici: il fascio inclinato infatti raggiunge il campione dallo stesso
|
|
lato delle trappole. In queste condizioni, specialmente all'aumentare della potenza del
|
|
laser usato per la fluorescenza, potrebbe diventare significativo l'effetto della pressione
|
|
di radiazione del fascio obliquo sulle microsfere intrappolate, variando la dinamica delle
|
|
loro fluttuazioni e quindi influenzando la corretta esecuzione del \textit{force-clamp}.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
\begin{figure}[h]
|
|
\centering
|
|
\begin{subfigure}{0.45\linewidth}
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=\linewidth]{images/gallery_tirf.pdf}
|
|
\caption{}
|
|
\label{fig:gallery_tirf}
|
|
\end{subfigure}
|
|
\hfill
|
|
\begin{subfigure}[H]{0.45\linewidth}
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=\linewidth]{images/gallery_hilo.pdf}
|
|
\caption{}
|
|
\label{fig:gallery_hilo}
|
|
\end{subfigure}
|
|
\centering
|
|
\caption{Ipotesi di esperimenti con fluorescenza di singola molecola combinata a \textit{force-clamp} e schema di illuminazione
|
|
TIRF (a) e HILO (b).}
|
|
\label{fig:three_beads}
|
|
\end{figure}
|