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\chapter{Metodi}
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\label{cap:methods}
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\section{Stabilizzazione meccanica}
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\label{sec:stabilization}
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Nonostante l'isolamento meccanico fornito dagli elastomeri e dal
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tavolo ottico la posizione del campione rispetto al centro
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dell'obiettivo e la quota del piano focale sono soggette a
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fluttuazioni e derive.
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Gli effetti più evidenti e rilevabili sono rapide oscillazioni della
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posizione del campione dovute a vibrazioni acustiche residue e una
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progressive deriva rispetto alla posizione fissata che diventa
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significativa ($> \SI{100}{\nm}$) per tempi di osservazione di
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diversi minuti.
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Per quantificare quest'effetto viene usato un apposito campione in cui
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diverse microsfere in silice, di diametro \SI{0.5}{\um}, vengono
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immobilizzate in uno strato di nitrocellulosa depositato nella
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superficie interna del vetrino coprioggetti.
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Le varie fasi per la preparazione di questo campione sono descritte
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nei particolari nell'appendice \ref{app:protocols}, protocollo
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\ref{proto:silica_beads_flow_cell}.
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Le microsfere immobilizzate nel campione possono essere messe a fuoco
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e visualizzate attraverso il sistema di microscopia a luce trasmessa.
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Una volta selezionata e messa a fuoco una microsfera, analizzando
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l'immagine prodotta da uno dei due sensori CMOS è possibile calcolare
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le coordinate (in pixel) del suo centroide:
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\begin{equation}
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(x_{cen}, y_{cen}) =
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\frac{
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\sum_{(x, y)} (x, y) I(x, y)
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}{
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\sum_{(x, y)} I(x, y)
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}
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\end{equation}
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Per evitare di considerare altre microsfere o imperfezioni sul campione
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si sceglie di effettuare il calcolo del centroide limitando la regione
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dell'immagine utilizzata a un rettangolo nel quale una microsfera è
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sufficientemente isolata.
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Ricalcolando il centroide intervalli temporali fissati è possibile
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osservare la deriva della posizione (x, y) della microsfera.
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Inoltre è possibile sfruttare questo stesso campione per effettuare
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una calibrazione del fattore di conversione pixel/nm lungo due assi
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ortogonali.
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Per effettuare la calibrazione, dopo aver calcolato il centroide
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della microsfera, si sposta la posizione dal campione lungo uno dei
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due assi di una distanza ben definita, utilizzando il traslatore
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piezoelettrico. A questo punto, calcolando la nuova posizione del
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centroide si ottiene il rapporto tra lo spostamento comandato al
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traslatore (in \si{\nm}) e la variazione del centroide (in pixel).
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Ripetendo questa operazione in sequenza per vari punti si ottiene
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una curva di calibrazione per l'asse scansionata, dalla quale è
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possibile estratte la costante di proporzionalità con un \textit{fit}
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lineare.
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Risulta più complesso invece stimare la deriva del piano focale:
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per questo motivo è stato sviluppato un metodo per determinare a
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partire dalle immagini un valore che sia linearmente proporzionale
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alla quota del piano focale rispetto al centro della sfera.
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Il metodo sviluppato sfrutta le caratteristiche dalla distribuzione
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radiale della luce diffusa dalla microsfera.
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In figura \ref{fig:radial_itensity} rappresentato l'andamento del
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profilo radiale variando la quota del piano focale (z).
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\begin{figure}[h]
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\centering
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\includegraphics{images/radial_intensity.pdf}
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\caption{Profilo di indensità radiale rispetto al centroide
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per una microsfera, in diversi piani }
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\label{fig:radial_itensity}
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\end{figure}
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Da questi dati è stato possibile osservare che il rapporto tra
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l'intensità integrata in un anello centrato sulla microsfera e quella
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integrata nella regione interna al medesimo anello (regioni gialle
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e arancioni in figura), mostra un andamento proporzionale alla quota
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del piano focale, almeno in un certo intorno del centro della sfera.
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In figura \ref{fig:z_est} viene mostrato l'andamento del rapporto
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tra l'intensità media in un anello con raggio interno ed esterno
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rispettivamente di \SIlist{80;160}{pixel} e l'intensità media
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calcolata in un raggio di \SI{60}{pixel}.
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\begin{figure}[h]
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\centering
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\includegraphics{images/z-est.pdf}
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\caption{Andamento del rapporto intensità anello/cerchio in
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funzione della quota del piano focale.}
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\label{fig:z_est}
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\end{figure}
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Come si può osservare la quantità così definita può essere usata
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per determinare la quota con una discreta sensibilità in
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un intervallo di \SIrange{3}{4}{\um} intorno al centro della sfera.
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Analogamente a quanto fatto per le assi x e y è possibile eseguire
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una calibrazione spostando il campione di una quota controllata
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attraverso il traslatore piezoelettrico dell'obiettivo, e costruire
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una curva di calibrazione come quella in figura \ref{fig:z_est}.
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Conoscendo quindi tre fattori di calibrazione è possibile, partendo
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da un'immagine della microsfera, ottenere una stima della sua
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posizione nello spazio tridimensionale. Questo fatto ci permette
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di implementare un sistema attivo di stabilizzazione meccanica del
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microscopio. Continuando a monitorare la sfera mediante mentre si
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eseguono le misurazioni di forza è possibile rilevare gli spostamenti
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del campione e compensarli inviando appositi comandi ai traslatori
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piezoelettrici.
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In ambiente LabVIEW è stato sviluppato un codice di controllo
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che implementa un meccanismo di retroazione tra le letture sulla
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posizione della sfera e i traslatori piezoelettrici.
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Il codice consente all'operatore di selezionare la regione
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d'interesse intorno a una microsfera immobilizzata sul vetrino
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coprioggetti. Successivamente, quando la stabilizzazione viene
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attivata, il codice acquisice diverse immagini della microsfera e
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ne stima la posizione iniziale in termini di coordinate (x, y, z),
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usando i fattori di conversione determinati con la calibrazione.
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A questo punto viene avviato un ciclo di retroazione: continuando
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a acquisire immagini della microsfera (a una frequenza che può
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arrivare fino a \SI{100}{\Hz}), viene comandato ai traslatori
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uno spostamento proporzionale alla differenza tra la posizione della
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sfera rilevata e quella iniziale.
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Quando il sistema di stabilizzazione meccanica viene attivato
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è stato possibile mostrare che la posizione media del campione resta
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stabile indipendentemente dal tempo di osservazione, con fluttuazione
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che hanno una deviazione standard di circa \SI{1}{\nm}.
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Introdurre nel ciclo di controlla alla componente proporzionale
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una componente integrale o derivativa non altera significativamente
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la stabilizzazione raggiunta.
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L'acquisizione di diverse tracce della durata di 5-10 minuti ha
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sempre mostrato deviazioni standard delle fluttuazioni comprese
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tra \SIlist{1;2}{\nm}.
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\section{Calibrazione parametri trappole}
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\label{sec:calibration}
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Per poter eseguire misurazioni di forza su sistemi biologici è
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fondamentale riuscire a conoscere il valore della tensione applicata
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alle microsfere intrappolate nelle pinzette ottiche. Questo è
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possibile dal momento che l'azione di una pinzetta ottica su una
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microsfera può essere modellizzata come una forza di richiamo
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elastica (vedi sezione \ref{sec:ot}).
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Conoscendo la costante di richiamo è possibile mettere in relazione
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la posizione della sfera rispetto al centro della trappola
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(rilevabile tramite i QPD) con la risultante delle altre forze
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esterne che agiscono sulla microsfera.
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Quando la microsfera viene messa in movimento da una forza esterna,
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è necessario considerare anche l'attrito viscoso con
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il fluido in cui è immersa. La forza dovuto all'attrito viscoso
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avrà la forma:
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\begin{equation}
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\vec{F}_{visc} = - \gamma \vec{v}\
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\end{equation}
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Dove $\gamma$ è il coefficiente di attrito idrodinamico della
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microsfera.
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Nel caso più generele la microsfera sarà inoltre soggetta a una
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sforza stocastica ($\eta(t)$), dovuta agli urti con il fluido, e
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a una forza esterna $\vec{F}$, ad esempio dovuta alle tensione di una
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biomolecola legata ad essa.
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Possiamo quindi scrivere la forma più generale dell'equazione di moto
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come:
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\begin{equation}
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\label{eq:bead_motion}
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\underbrace{m \ddot{\vec{x}}}_\text{inerzia} =
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\underbrace{\vec{F}}_\text{f. esterna}
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+ \underbrace{\mathbf{\eta}(t)}_\text{f. stoc.}
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- \underbrace{\gamma \dot{\vec{x}}}_\text{attrito}
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- \underbrace{k \vec{x}}_\text{richiamo}
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\end{equation}
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La forza stocastica $\eta(t)$ ha media nulla
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($\langle\eta(t)\rangle_t = 0$)
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e viene assunta con distribuzione di probabilità gaussiana con
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$\sigma^2 = 2 k_B T \gamma$.
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In condizioni di equilibrio la posizione media della microsfera
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sarà quindi:
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\begin{equation}
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\vec{x_0} = \langle \vec{x(t)} \rangle_t = - \frac{\vec{F}}{k}
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\end{equation}
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E la deviazione standard delle fluttuazioni rispetto alla posizione
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di equilibrio può essere determinata usando il teorema di
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equipartizione dell'energia:
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\begin{multline}
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\langle U(x) \rangle = \frac{1}{2} k \langle (x-x_0)^2 \rangle
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= \frac{1}{2} k_B T
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\\ \Longrightarrow
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\langle (x-x_0)^2 \rangle
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= \langle x^2 \rangle - \langle x \rangle^2
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= \sigma_x^2 = k_B T / k
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\end{multline}
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Oltre alla conoscenza di $k$ un altro valore importante da stimare
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è il tempo di rilassamento $\tau$ del sistema, ovvero la scala
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temporale nella quale la microsfera si stabilizza nella nuova
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posizione di equilibrio a seguito di una variazione della forza $F$.
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Questo tempo è strettamente legato allo smorzamento dovuto all'attrito
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idrodinamico.
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Osservando l'equazione di moto \ref{eq:bead_motion} possiamo
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descrivere la dinamica della sfera in due regimi estremi:
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il regime \textit{balistico}, quando il moto è dominato dalla
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componente inerziale
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\section{Retroazione AOM e \textit{force-clamp}}
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\label{sec:force-clamp}
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\section{Saggio a tre sfere}
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\label{sec:three-beads}
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\section{Fluorescenza di singola molecole}
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\label{sec:single_molecule_fluorescence}
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\section{TIRF e illuminazione a modi di galleria}
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\label{sec:gallery_mode}
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