|
%%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%%
|
|
|
|
\chapter{Introduzione}
|
|
|
|
|
|
Gli stimoli meccanici rivestono nell'ambito dei sistemi biologici un
|
|
ruolo importante nel determinare il corretto funzionamento di cellule,
|
|
tessuti e organismi complessi.
|
|
|
|
Mentre tradizionalmente la biologia si è occupata di studiare come
|
|
processi cellulari e inter-cellulari fossero regolati dallo scambio
|
|
di molecole biologiche, il ruolo degli stimoli meccanici è stato a
|
|
lungo ritenuto marginale nella descrizione di questi processi.
|
|
|
|
Lo sviluppo di tecniche sempre più avanzate e precise per la
|
|
visualizzazione e la manipolazione di molecole all'interno di campioni
|
|
biologici ha iniziato a mutare questa concezione: oggi possiamo
|
|
indagare nel dettaglio il funzionamento dei motori molecolari
|
|
all'interno delle nostre cellule o misurare come variazioni nella
|
|
tensione applicata a un polimero possano indurre una riorganizzazione
|
|
strutturale nello stesso e cambiarne le proprietà biochimiche.
|
|
|
|
Per molti processi biologici il ruolo della forza è fondamentale,
|
|
ad esempio nei complessi proteici che legano tra di loro le cellule
|
|
in un tessuto, le \emph{giunzioni cellulari}.
|
|
Queste si comportano come complesse macchine in grado di elaborare
|
|
stimoli di tipo biochimico e meccanico, comunicando e interferendo
|
|
con le funzioni del resto della cellula.
|
|
Esistono diversi tipi di giunzioni cellulari, responsabili di
|
|
specifiche funzioni e caratterizzate dalla reciproca interazione di
|
|
diversi tipi di proteine. La dinamica della loro interazione viene
|
|
modificata e modulata dalle sollecitazioni meccaniche esterne,
|
|
permettendo alle giunzioni di comportarsi come \emph{trasduttori}
|
|
di segnali meccanici.
|
|
|
|
Diversi metodi sono stati proposti e realizzati sperimentalmente
|
|
per osservare l'attività di meccano-trasduzione nei sistemi
|
|
biologici \cite{??}, sfruttando tecniche sia \textit{in vivo} che
|
|
\textit{in vitro}, osservando sia gli effetti macroscopici che
|
|
le interazioni tra singole molecole.
|
|
Nonostante ciò, per quanto riguarda le giunzioni cellulari, siamo
|
|
ancora lontani da una descrizione soddisfacente, sia da un punto
|
|
di vista qualitativo che quantitativo, dei meccanismi e delle
|
|
interazioni coinvolte.
|
|
|
|
Raggiungere una migliore comprensione riguardo al ruolo e al
|
|
funzionamento della meccano-trasduzione nelle giunzioni cellulari
|
|
rappresenta un terreno fertile e un forte stimolo per la ricerca
|
|
di base interdisciplinare, spingendo scienziati con formazioni diverse
|
|
ad unire le loro competenze e sviluppare tecniche complementari, in
|
|
modo da acquisire una visione sempre più globale su fenomeni
|
|
estremamente complessi, che coinvolgono simultaneamente processi
|
|
meccanici, termodinamici e biochimici.
|
|
|
|
Lo scopo di questo lavoro di tesi è, sviluppare, in gran parte
|
|
\textit{ex-novo}, un apparato sperimentale per lo studio della
|
|
meccano-trasduzione in contesti complessi come quello delle giunzioni
|
|
cellulari, basato sulla manipolazione ottica di due proteine
|
|
interagenti e il \textit{tracking} simultaneo, tramite microscopia di
|
|
fluorescenza, di altre singole biomolecole nei pressi del sito di
|
|
interazione.
|
|
|
|
La manipolazione tramite pinzette ottiche rappresenta infatti una
|
|
strada molto promettente per lo studio, anche quantitativo, di
|
|
effetti meccano-biologici, grazie alla possibilità di ottenere una
|
|
precisione di posizionamento nanometrica e di applicare alle molecole
|
|
un ampio intervallo di forze nell'ordine dei piconewton e dei
|
|
femtonewton.
|
|
|
|
Le pinzette ottiche permettono di sondare il comportamento di
|
|
complessi proteici sottoponendo due molecole interagenti a stress
|
|
meccanici controllati e andando a osservare come la dinamica delle
|
|
interazioni dipenda dalle forze esterne.
|
|
|
|
Questo tipo di esperimenti si riconduce alle
|
|
\emph{spettroscopie di forza},
|
|
che in generale vengono realizzate utilizzando diverse tecniche, come
|
|
la microscopia a forza atomica, le onde acustiche o le pinzette
|
|
ottiche.
|
|
I brevissimi tempi di risposta ottenibili utilizzando queste ultime,
|
|
inferiori al millisecondo, hanno fatto si che le pinzette ottiche
|
|
fossero applicate con successo allo studio di sistemi interagenti con
|
|
affinità molto deboli o rapide modifiche conformazionali, come i
|
|
motori molecolari \cite{Capitanio2012}.
|
|
|
|
L'apparato sperimentale descritto in questo lavoro consiste
|
|
sostanzialmente in una ricostruzione di quello utilizzato in
|
|
\cite{Capitanio2012}
|
|
per lo studio dei motori molecolari per quanto riguarda la componente
|
|
di spettroscopia di forza, integrato con un sistema di microscopia di
|
|
fluorescenza che consenta di osservare simultaneamente la dinamica di
|
|
singole molecole interagenti con le proteine intrappolate.
|
|
|
|
Infatti, fino a ora il principale limite di questi esperimenti è
|
|
stato quello di produrre informazioni dinamiche
|
|
esclusivamente sui due componenti interagenti selezionati per la
|
|
spettroscopia di forza, trascurando ogni altra possibile interazione.
|
|
Se in diversi scenari questo è più che sufficiente, alcuni
|
|
sistemi biologici, questo approccio mostra evidenti limiti nello
|
|
studio di una complessa rete di interazioni come quella delle
|
|
giunzioni cellulari.
|
|
|
|
Un apparato con queste caratteristiche dovrebbe consentire,
|
|
durante un esperimento di spettroscopia di forza, di registrare
|
|
simultaneamente sia la risposta meccanica delle due proteine
|
|
immobilizzare, sia l'eventuale interazione con altri fattori
|
|
opportunamente marcati presenti nella soluzione usata per
|
|
l'esperimento.
|
|
|
|
L'ostacolo principale al raggiungimento di questo risultato è dato
|
|
dalla difficoltà di visualizzare, tramite microscopia ottica,
|
|
l'attività di una singola molecola fluorescente sopra un fondo di
|
|
fluorofori liberi in soluzione.
|
|
|
|
Una soluzione tipicamente adottata prevede l'uso di schemi di
|
|
illuminazione come la riflessione interna totale
|
|
(TIRF, \textit{Total Internal Reflection Fluorescence microscopy})
|
|
o i fogli di luce inclinati
|
|
(HILO, \textit{Highly Inclined and Laminated Optical sheet
|
|
microscopy}),
|
|
in modo da ridurre il volume di campione eccitato e quindi l'emissione
|
|
di fluorescenza di fondo.
|
|
|
|
Questi schemi di illuminazione però richiedono requisiti molto
|
|
stringenti.
|
|
Ad esempio per poter utilizzare la TIRF, come approfondito in sezione
|
|
\ref{sec:fluo} è necessario che il volume osservato sia nelle
|
|
immediate vicinanze della superficie del vetrino
|
|
coprioggetti usato per la preparazione del campione,
|
|
condizione che è impossibile realizzare negli esperimenti di
|
|
spettroscopia di forza, dove le proteine vengono funzionalizzate su
|
|
sfere dielettriche di dimensioni micrometriche.
|
|
In questo caso infatti il volume di campione
|
|
dove si trovano le proteine interagenti ha uno quota significativa
|
|
(diverse centinaia di micrometri) rispetto al vetrino coprioggetti.
|
|
|
|
Scopo dell'apparato sperimentale sarà anche studiare la possibilità di
|
|
superare questo limite usando la sfera dielettrica come risuonatore
|
|
ottico, e quindi come strumento in grado di trasferire la radiazione
|
|
di eccitazione dall'immediata prossimità del vetrino coprioggetti ai
|
|
fluorofori presenti in prossimità del sito di interazione.
|
|
In questo modo il segnale proveniente da molecole fuori fuoco,
|
|
lontane dalla microsfera, sarebbe efficacemente soppresso.
|
|
|
|
Nelle prossime sezioni è possibile trovare una trattazione più
|
|
approfondita degli argomenti introdotti, in particolare nella sezione
|
|
\ref{sec:giunzioni} vengono introdotte due importanti tipologie di
|
|
giunzioni cellulari particolarmente interessanti per studio con un
|
|
sistema combinato come quello qui descritto.\\
|
|
Nella sezione \ref{sec:ot} vengono trattate in maniera più
|
|
approfondita le pinzette ottiche e la loro applicazione agli
|
|
esperimenti di spettroscopia di forza.\\
|
|
Nella sezione \ref{sec:fluo} vengono introdotti i principali limiti
|
|
della microscopia di fluorescenza e le soluzioni proposte per il loro
|
|
superamento.
|
|
|
|
Nel capitolo \ref{cap:methods} vengono descritte nel dettaglio le
|
|
caratteristiche dell'apparato sperimentale realizzato e le procedure
|
|
di validazione, calibrazione e acquisizione dei dati.
|
|
|
|
Nel capitolo \ref{cap:results} sono analizzati i dati prodotti durante
|
|
le operazioni di validazione dell'apparato sperimentale e delle
|
|
procedure di misura per valutare le prestazioni ottenibili e la loro
|
|
adeguatezza agli esperimenti ipotizzati.
|
|
|
|
|
|
% Introduction on the importance of mechanotransduction
|
|
|
|
|
|
|
|
%%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%% %%%%%%%%%
|
|
|
|
|
|
|
|
% between
|
|
|
|
\section{Giunzioni cellulari}
|
|
\label{sec:giunzioni}
|
|
|
|
Le giunzioni cellulari svolgono un ruolo fondamentale per l'esistenza
|
|
stessa degli organismi multicellulari.
|
|
Esse sono infatti responsabili della capacità delle cellule di
|
|
connettersi l'una con l'altra e di organizzarsi per formare tessuti e
|
|
organi con funzioni specifiche.
|
|
Le funzioni delle giunzioni cellulari vanno ben oltre quelle di una
|
|
passiva struttura di raccordo: esse sono responsabili, ad esempio,
|
|
di veicolare informazioni e sostanze tra una cellula e l'altra,
|
|
guidare la loro proliferazione o migrazione, mantenere la stabilità
|
|
dei tessuti o avviarne la riparazione quando necessario.
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=0.5\linewidth]{images/adjunc.pdf}
|
|
\caption{Sequenza di cellule connesse da \emph{giunzioni aderenti}
|
|
(sopra) e dettaglio di una giunzione aderente, con indicazione
|
|
delle principali proteine coinvolte (sotto)}
|
|
\label{fig:ad_jun}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Le giunzioni cellulari possono connettersi direttamente a strutture
|
|
interne della cellula (come il citoscheletro) e si formano
|
|
dall'auto-assemblamento di un grande numero di proteine differenti.
|
|
Per loro natura attraversano la membrana cellulare andando a formare
|
|
legami con strutture analoghe presenti in cellule adiacenti o con
|
|
strutture intermedie di supporto, come la matrice extra-cellulare.
|
|
|
|
Esistono diversi tipi di giunzioni che svolgono funzioni specifiche.
|
|
Un tipo di giunzione molto comune nei tessuti epiteliali e
|
|
endoteliali è la \emph{giunzione aderente}, rappresentata in modo
|
|
schematico in figura \ref{fig:ad_jun}.
|
|
|
|
Nelle giunzioni aderenti la proteina che direttamente ancora il
|
|
complesso alla membrana plasmatica è la \emph{caderina}.
|
|
Questa è una proteina trans-membrana costituita da un dominio di coda
|
|
citoplasmatico e un dominio di testa esterno alla membrana cellulare.
|
|
Il dominio extra-membrana è in grado di dimerizzare con domini
|
|
analoghi presenti in cellule adiacenti, formando la giunzione.
|
|
Il dominio intra-membrana permette di stabilire un collegamento
|
|
diretto tra la giunzione cellulare e il citoscheletro di actina,
|
|
grazie al legame con una classe di proteine, le \emph{catenine},
|
|
in grado di legarsi sia con la coda della caderina che con i filamenti
|
|
di actina del citoscheletro.
|
|
|
|
Oltre a questa connessione diretta esistono altre proteine che
|
|
mantengono una connessione indiretta, legando ad esempio le catenine
|
|
con il citoscheletro. É stato scoperto \cite{??} che le proteine
|
|
\emph{vinculina} e \emph{$\alpha$-actinina} svolgono questa attività.
|
|
|
|
Sebbene la funzione di questi collegamenti indiretti non sia stata
|
|
ancora del tutto compresa, è stato dimostrato che la sua presenza
|
|
delle proteine responsabili è fondamentale per il corretto sviluppo
|
|
dei tessuti.
|
|
Esperimenti su colture cellulari in il gene che codifica l'espressione
|
|
della vinculina è stato rimosso suggeriscono come, oltre ad una
|
|
riduzione generale dell'adesione tra cellule, si perda alcune funzioni
|
|
di regolazione
|
|
e modulazione dell'attività delle giunzioni.
|
|
|
|
La vinculina, quindi, così come altre proteine secondarie, potrebbe
|
|
avere un ruolo nel modulare i meccanismi di adesione e svolgere un
|
|
ruolo nei processi di meccano-trasduzione.
|
|
|
|
La possibilità di realizzare esperimenti di spettroscopia di forza in
|
|
cui è possibile tenere traccia dell'attività di una o più proteine
|
|
secondarie apre la strada verso una maggiore comprensione del loro
|
|
ruolo.
|
|
|
|
Lo stato attuale delle conoscenze sulla rete di interazioni che
|
|
governa e regola il funzionamento delle giunzioni aderenti è riportato
|
|
schematicamente in Appendice, sotto forma di diagramma delle vie di
|
|
segnalazione.
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/aj.pdf}
|
|
\caption{Ruolo di \textbf{caderina} e catenine nelle
|
|
\textit{giunzioni aderenti}}
|
|
\label{fig:aj}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
\vspace{1em}
|
|
Un'altra classe di giunzioni cellulari è rappresentata dalle
|
|
giunzioni occludenti (\textit{tight junction}), la cui caratteristica
|
|
principale è quella di sigillare lo spazio intercellulare, rendendolo
|
|
impermeabile e impedendo a molecole e ioni di attraversare un
|
|
tessuto.
|
|
L'organizzazione spaziale delle giunzioni occludenti consente inoltre
|
|
la creazione di canali selettivamente permeabili per il trasporto
|
|
di specifiche molecole, tuttavia ancora non sono chiari i meccanismi
|
|
che modulano e regolano il loro funzionamento.
|
|
Come nel caso delle giunzioni aderenti questo emerge dall'interazione
|
|
tra un certo numero di proteine interagenti.
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics{images/tj.pdf}
|
|
\caption{Ruolo di \textbf{ZO-1} nelle \emph{giunzioni occludenti}}
|
|
\label{fig:tj}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Diverse proteine attraversano la membrana e dimerizzano
|
|
con le loro omologhe appartenenti alla cellula adiacente,
|
|
tra le quali \emph{claudina}, \emph{occludina} e diverse
|
|
proteine appartenenti alla classe delle \textit{junctional
|
|
adhesion molecules}, (JAM).
|
|
Queste proteine di membrana si legano alla proteina
|
|
\textit{Zona occludens 1}, ZO-1 che, come mostrato da
|
|
recenti studi \cite{??}, potrebbe modulare la formazione
|
|
delle giunzioni e occuparsi della trasduzione di segnali
|
|
meccanici.
|
|
Inoltre vi sono evidenze sul ruolo di una terza proteina,
|
|
la \textit{cingulina}, nel modulare l'interazione di ZO-1
|
|
con il citoscheletro di actina. Un'ipotesi è che il
|
|
legame cingulina-ZO-1 possa indurre delle modifiche
|
|
conformazionali in ZO-1 tali da consentire un legame
|
|
diretto con in filamenti di actina.
|
|
Anche in questo caso, per comprendere il ruolo della cingulina
|
|
nella trasduzione dei segnali meccanici, sembra promettente
|
|
utilizzare una tecnica che consenta, durante l'osservazione
|
|
dell'interazione di due proteine sottoposte a stress
|
|
meccanici, di osservare l'eventuale attaccamento al complesso
|
|
di una terza proteina. Ad esempio sarebbe possibile ipotizzare
|
|
un esperimento in cui allo studio dell'effetto delle sollecitazioni
|
|
meccaniche sul legame actina-ZO-1 viene aggiunta l'osservazione
|
|
dell'attività della cingulina attraverso microscopia di fluorescenza.
|
|
|
|
|
|
|
|
\section{Manipolazione ottica di molecole biologiche}
|
|
\label{sec:ot}
|
|
|
|
Le pinzette ottiche (o \textit{optical tweezers}, OT) sono strumenti
|
|
che sfruttano la \emph{forza di radiazione} esercitata da un fascio
|
|
laser gaussiano altamente focalizzato su materiali dielettrici, in
|
|
modo da intrappolare e manipolare oggetti microscopici con una
|
|
precisione sub-nanometrica.
|
|
|
|
Questa tecnologia sfrutta il gradiente d'intensità di un fascio
|
|
gaussiano focalizzato interagente con particelle dielettriche immerse
|
|
in un fluido. L'interazione delle particelle con la radiazione fa si
|
|
che queste risentano di una forza di richiamo verso una posizione
|
|
di equilibrio in prossimità del fuoco del fascio.
|
|
|
|
Fin dalla loro ideazione vennero subito messe in luce le potenzialità
|
|
di questa tecnica quando applicata alla manipolazione di campioni
|
|
biologici.
|
|
|
|
Arthur Ashkin fu, nel 1986, il primo a realizzare sperimentalmente
|
|
delle pinzette ottiche, riuscendo a intrappolare microsfere sintetiche
|
|
e batteri\cite{Ashkin:86}. Per questo risultato gli fu conferito il
|
|
premio Nobel nel 2018, \emph{``per le pinzette ottiche e le loro
|
|
applicazioni ai sistemi biologici''}.
|
|
|
|
Grazie alle pinzette ottiche è possibile intrappolare solidi
|
|
dielettrici di diversa dimensione e natura.
|
|
Per ottenere la capacità di manipolare individualmente singole
|
|
molecole, come le proteine non è possibile procedere ad un
|
|
intrappolamento diretto.
|
|
|
|
Si rende necessario quindi sviluppare protocolli per funzionalizzare
|
|
la superficie di sfere dielettriche e legarci le molecole che
|
|
intendiamo studiare.
|
|
|
|
Tipicamente esperimenti di questo tipo vengono realizzati utilizzando
|
|
sfere dielettriche di dimensioni micrometriche funzionalizzate legando
|
|
covalentemente molecole di \textit{streptavidina} alla loro
|
|
superificie.
|
|
|
|
In questo modo è possibile successivamente ottenere il legame delle
|
|
microsfere col polimero biologico d'interesse, purché esso sia stato
|
|
preventivamente biotilinato. Si sfrutta in questo modo il legame
|
|
streptavidina-biotina, estremamente stabile e praticamente
|
|
irreversibile (vedi figura \ref{fig:biotin-streptavidin}).
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=0.5\linewidth]{images/biotin-streptavidin.pdf}
|
|
\caption{Manipolazione di una proteina target utilizzando una
|
|
microsfera intrappolata e il legame biotina-streptavidina.}
|
|
\label{fig:biotin-streptavidin}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Per descrivere quantitativamente il funzionamento delle pinzette
|
|
ottiche consideriamo in generale l'effetto dell'interazione tra
|
|
una microsfera dielettrica, immersa in una soluzione liquida, e
|
|
la radiazione elettromagnetica prodotta da un fascio laser gaussiano
|
|
focalizzato.
|
|
|
|
In generale la forza a cui è soggetta la microsfera interagente
|
|
col campo elettromagnetico può essere scomposta in due contributi:
|
|
|
|
\begin{itemize}
|
|
\item La \textbf{forza di \textit{scattering}} o pressione di
|
|
radiazione, sempre orientata nella direzione di propagazione
|
|
della radiazione e proporzionale alla sua intesità.
|
|
\item La \textbf{forza di dipolo} o gradiente, proporzionale
|
|
al gradiente d'intensità della radiazione elettromagnetico.
|
|
\end{itemize}
|
|
|
|
L'origine di questi due contributi e la dipenza dalle caratteristiche
|
|
della microsfera e del liquido utilizzati possono essere derivate
|
|
analiticamente dalle equazioni di Maxwell nei limiti del regime
|
|
di Rayleigh, ovvero quando le dimensioni della sfera sono molto
|
|
inferiori alla lunghezza d'onda della radiazione utilizzata.
|
|
|
|
In questo limite possiamo considerare il materiale interagente con la
|
|
radiazione come un dipolo elettrico puntiforme, associato ad una
|
|
polarizzabilità $\alpha$. Il vettore di polarizzazione nel dipolo
|
|
puntiforme sarà quindi $\vec{p} = \alpha \vec{E}$.
|
|
|
|
La pressione di radiazione sarà quindi proporzionale all'impulso
|
|
dei fotoni retrodiffusi per \textit{scattering} Rayleigh.
|
|
Nel caso di una microsfera di raggio $a$, indice di rifrazione $n$,
|
|
immersa in un fluido con indice di rifrazione $m$, la forza di
|
|
\textit{scattering} può essere espressa\cite{HARADA1996529} come:
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
\vec{F}_r = \hat{k} \frac{8 \pi n k^4 a^6}{3c}
|
|
\left(
|
|
\frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
|
|
\right)^2
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
L'espressione della forza gradiente può essere ottenuta
|
|
dall'interazione lorentziana tra la radiazione e il dipolo puntiforme:
|
|
|
|
$$ \vec{F}_g =
|
|
\left(
|
|
\vec{p} \cdot \vec{\nabla}
|
|
\right)
|
|
\vec{E}
|
|
+ \frac{d\vec{p}}{dt} \times \vec{B}
|
|
$$
|
|
|
|
Ovvero, una volta sostituito il vettore di polarizzazione:
|
|
|
|
$$ \vec{F}_g =
|
|
\alpha
|
|
\left[
|
|
\left( \vec{E} \cdot \vec{\nabla} \right) \vec{E}
|
|
+ \frac{d\vec{E}}{dt} \times \vec{B}
|
|
\right]
|
|
$$
|
|
|
|
E infine, tenendo conto delle \emph{equazioni di Maxwell} e
|
|
dell'algebra dei vettori:
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
\label{dipole_force}
|
|
\vec{F_g} =
|
|
\alpha
|
|
\left[
|
|
\frac{1}{2}\nabla E^2
|
|
+ \frac{d}{dt}\left(\vec{E} \times \vec{B}\right)
|
|
\right]
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
Questa ultima forma (equazione \ref{dipole_force}) ci permette di
|
|
mettere in evidenza il termine $\frac{d}{dt}(\vec{E} \times \vec{B})$,
|
|
ovvero la derivata temporale di una quantità oscillante molto
|
|
rapidamente (\SI{> 1e14}{\Hz}), che
|
|
può tranquillamente essere considerata costante se confrontata con in
|
|
tempi tipici dell'evoluzione meccanica del sistema.
|
|
Il secondo termine può quindi essere trascurato e, sostituendo ad
|
|
$\alpha$ l'espressione per la polarizzabilità della microsfera
|
|
otteniamo:
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
\vec{F}_g =
|
|
\frac{2\pi n a^3}{c}
|
|
\left(
|
|
\frac{(n/m)^2 - 1}{(n/m)^2 + 2}
|
|
\right)
|
|
\nabla I(\vec{r})
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
Il risultato netto dei due contributi è che la microsfera tenderà ad
|
|
occupare una posizione di equilibrio nel punto in cui i due contributi
|
|
si cancellano e, se perturbata, risentirà di una forza di richiamo
|
|
verso la posizione di equilibrio.
|
|
|
|
Un risultato qualitativamente identico è dimostrabile nel limite
|
|
dell'ottica geometrica, quando la particella è al contrario di
|
|
dimensioni molto maggiori alla lunghezza d'onda intermedia.
|
|
|
|
Il caso intermedio richiede l'uso della più complessa teoria
|
|
Lorenz-Mie e spesso il ricorso a soluzioni numeriche, ma l'idea
|
|
qualitativa alla base dell'intrappolamento resta valida.
|
|
|
|
Nel caso generale i requisiti per un intrappolamento efficace sono
|
|
quelli di avere una forza di gradiente maggiore di quella di
|
|
scattering e una energia cinetica delle particelle intrappolate
|
|
sufficientemente bassa (quindi un fluido sufficientemente viscoso).
|
|
|
|
Per le nostre applicazioni è sufficiente considerare una forza di
|
|
richiamo del tipo
|
|
|
|
\begin{equation}
|
|
\vec{F} = -k(\vec{x}-\vec{x}_{eq})
|
|
\end{equation}
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[scale=.4]{images/fkx.pdf}
|
|
\caption{Effetto netto della forza di radiazione}
|
|
\label{fig:fkx}
|
|
\end{figure}
|
|
|
|
Il valore di $k$ per una certa trappola ottica, come vedremo, può
|
|
essere determinato attraverso un'apposita procedura di calibrazione
|
|
che sfrutta la diffusione della microsfera all'interno della trappola.
|
|
|
|
Inoltre è necessario considerare l'effetto degli urti con le molecole
|
|
della soluzione liquida in cui la sfera è immersa, che hanno i due
|
|
seguenti effetti:
|
|
\begin{itemize}
|
|
\item La presenza di un attrito viscoso, proporzionale alla
|
|
velocità relativa della sfera rispetto al fluido
|
|
\item La fluttuazione della sfera rispetto alla posizione di
|
|
equilibrio (moto browniano).
|
|
\end{itemize}
|
|
|
|
Grazie alla termodinamica statistica è possibile mettere in relazione
|
|
lo spettro delle fluttuazioni di posizione di una sfera intrappolata
|
|
con il parametro $k$ della forza elastica di richiamo
|
|
(vedi Appendice \ref{app:fluctuaction_spectrum}).
|
|
In questo modo, una volta determinato $k$, è possibile mettere
|
|
in relazione il valore delle forze esterne agenti sulla sfera con il
|
|
suo spostamento dalla posizione di riposo.
|
|
|
|
|
|
\section{Microscopia di fluorescenza di singola molecola}
|
|
\label{sec:fluo}
|
|
|
|
% come evitare ripetizione "singola(e) molecola(e)"
|
|
Tipicamente, le tecniche di microscopia di fluorescenza di singola
|
|
molecola consentono di sondare la posizione e i movimenti di singole
|
|
molecole con risoluzioni spaziali e temporali prossime,
|
|
rispettivamente, al nanometro e al millisecondo.
|
|
|
|
In ambito biologico le molecole che vengono osservate con questa
|
|
tecniche sono polimeri di varia natura, come proteine e acidi
|
|
nucleici. Anche se alcune di queste molecole possono avere una
|
|
debole fluorescenza intrinseca, si fa quasi sempre ricorso alla
|
|
marcatura con fluorofori, cioè molecole con caratteristiche di
|
|
fluorescenza note e elevata resa quantica. In questo modo è
|
|
possibile ottenere livelli di segnale maggiori e soprattutto
|
|
un'elevata specificità nel rendere rilevabili solo le molecole
|
|
che presentano caratteristiche di interesse.
|
|
Queste due proprietà sono, come vedremo, molto importanti per
|
|
raggiungere una buona precisione di localizzazione.
|
|
|
|
Le tecniche di microscopia di fluorescenza sono molto flessibili
|
|
e spesso non distruttive: consentono di osservare processi biologici
|
|
in tempo reale in celle di reazione, colture cellulari e organismi
|
|
viventi.
|
|
|
|
Un esperimento di microscopia di fluorescenza generalmente
|
|
comprende due fasi principali:
|
|
\begin{itemize}
|
|
\item La marcatura delle molecole di interesse, ovvero
|
|
l'attuazione di un protocollo per legare specificamente il
|
|
fluoroforo scelto alle molecole che si intende visualizzare.
|
|
\item La produzione delle immagini, mediante l'illuminazione del
|
|
campione alla lunghezza d'onda di eccitazione del fluoroforo
|
|
e la raccolta della radiazione emessa alla lunghezza d'onda
|
|
di emissione.
|
|
\end{itemize}
|
|
|
|
Per quanto riguarda la marcatura (o \textit{labeling}) delle
|
|
molecole esistono svariate strategie e tipologie di fluorofori
|
|
utilizzabili. Il fluoroforo può essere legato covalentemente alla
|
|
molecola di interesse attraverso apposite reazioni chimiche,
|
|
può essere incorporato in un anticorpo, ovvero una proteina
|
|
in grado di riconoscere siti specifici di altre molecole e legarvisi
|
|
non covalentemente, oppure tramite l'ingegneria genetica è possibile
|
|
fornire a delle cellule le istruzioni per sintetizzare e assemblare
|
|
proteine contenenti regioni fluorescenti.
|
|
I fluorofori utilizzati possono essere piccole molecole organiche,
|
|
nanoparticelle realizzate in materiali semiconduttori (come i punti
|
|
quantici) oppure sequenze di amminoacidi.
|
|
In commercio si trovano numerosi fluorofori operanti in molteplici
|
|
regioni dello spettro visibile e con protocolli di marcatura
|
|
standardizzati. La scelta del fluoroforo e del protocollo di marcatura
|
|
devono tener conto di numerosi fattori, tra i quali: le condizioni
|
|
dell'esperimento (in vivo o in vitro), le possibili interferenze col
|
|
comportamento del sistema studiato, la compatibilità con le sostanze
|
|
chimiche usate in soluzione, la stabilità del fluoroforo stesso e il
|
|
suo tempo di vita.
|
|
|
|
Per la produzione delle immagini esistono due macro-categorie di
|
|
tecniche: le microscopie a campo largo (o \textit{wide-field}) e
|
|
le miscroscopie a scansione puntiforme.
|
|
Nel primo caso l'intero volume osservato viene illuminato
|
|
uniformemente e la radiazione emessa per fluorescenza viene raccolta
|
|
e ingrandita da un opportuno cammino ottico che ricostruisce
|
|
l'immagine sulla matrice di un sensore CMOS o CCD.
|
|
Nel secondo caso l'area di interesse viene suddivisa in un reticolo
|
|
tridimensionale di punti e ogni punto viene acquisito sequenzialmente,
|
|
illuminando il più piccolo volume circostante possibile e raccogliendo
|
|
tutta la radiazione emessa proveniente dal medesimo volume in un
|
|
unico punto, coincidente con l'apertura di un fotodiodo o di un
|
|
fotomoltiplicatore.
|
|
|
|
Il principale vantaggio delle tecniche a scansione rispetto a quelle
|
|
a campo largo risiede in una più marcata soppressione del
|
|
rumore di fondo dovuto all'emissione di fluorescenza fuori dal
|
|
piano focale. I microscopi che sfruttano queste tecniche sono infatti
|
|
equipaggiati di opportuni accorgimenti per filtrare sia la radiazione
|
|
di eccitazione che quella raccolta, in modo da selezionare uno strato
|
|
estremamente sottile del volume del campione.
|
|
Le dimensioni del volume selezionato per ogni
|
|
punto acquisito possono avvicinarsi molto al limite di diffrazione,
|
|
in questo modo è possibile visualizzare in maniera estremamente nitida
|
|
strutture con dettagli di dimensioni confrontabili con il limite
|
|
di diffrazione.
|
|
Lo svantaggio principale invece sta nella massima risoluzione
|
|
temporale ottenibile: per acquisire un'immagine è necessario
|
|
muovere il campione (o il fascio di illuminazione) attraverso
|
|
l'intero reticolo e per ogni punto è richiesto un tempo di sosta
|
|
adeguato a raccogliere un numero sufficiente di fotoni.
|
|
La risoluzione temporale di un microscopio a scansione, quindi,
|
|
decresce all'aumentare delle dimensioni dell'area osservata e della
|
|
densità di punti acquisita.
|
|
|
|
La microscopia a campo largo, acquisendo simultaneamente tutto il
|
|
fotogramma in una sola volta, consente di raggiungere risoluzioni
|
|
temporali molto elevate anche per campioni estesi. La velocità
|
|
di acquisizione di un singolo fotogramma è essenzialmente limitata
|
|
dalla sensibilità del sensore usato e dalla velocità della sua scheda
|
|
elettronica.
|
|
Tuttavia, in questo caso, sul sensore si va a sommare all'immagine
|
|
proveniente dai fluorofori nel piano focale quella, fuori fuoco,
|
|
di tutti gli emettitori che si trovano su piani diversi attraversati
|
|
dal fascio.
|
|
In campioni con una elevata densità di fluorofori liberi in soluzione
|
|
questo effetto viene particolarmente accentuato, con un impatto
|
|
negativo sul rapporto segnale/rumore ottenibile e di conseguenza
|
|
sulla possibilità di individuare e localizzare singole molecole.
|
|
|
|
Per ottenere una sensibilità di singola molecola senza sacrificare
|
|
la risoluzione temporale sono state sviluppate tecniche che,
|
|
manipolando il fascio di eccitazione, consentono di ridurre lo
|
|
spessore del volume di campione eccitato, come la microscopia a
|
|
riflessione interna totale
|
|
(TIRF, \textit{Total Internal Reflection Fluorescence microscopy})
|
|
o quella a fogli di luce inclinati
|
|
(HILO, \textit{Highly Inclined and Laminated Optical sheet
|
|
microscopy}).
|
|
Grazie a queste due tecniche è possibile ottenere una sensibilità
|
|
di singola molecola a una risoluzione temporale nell'ordine dei
|
|
millisecondi, rendendo possibile ad esempio il tracciamento
|
|
degli spostamenti di una proteina.
|
|
|
|
\subsection{TIRF}
|
|
|
|
La microscopia di fluorescenza a riflessione interna totale (TIRF)
|
|
permette di ridurre il rumore dovuto alla fluorescenza fuori fuoco
|
|
sfruttando, per l'eccitazione dei fluorofori, un'onda evanescente
|
|
in grado di penetrare solo le prime centinaia di nanometri del
|
|
campione.
|
|
|
|
L'onda evanescente viene ottenuta facendo incidere il fascio
|
|
di eccitazione all'interfaccia di separazione tra il vetrino
|
|
coprioggetti e il campione con un angolo maggiore rispetto
|
|
all'angolo critico $\theta_c$ definito dalla \emph{legge di Snell}:
|
|
|
|
\begin{multline}
|
|
n_i \sin(\theta_i) = n_t \sin(\theta_t) \\
|
|
\Rightarrow \sin(\theta_t) = \frac{n_i}{n_t} \sin(\theta_i) \\
|
|
\Rightarrow \left\lvert
|
|
\frac{n_i}{n_t} \sin(\theta_i)
|
|
\right\rvert \leq 1 \\
|
|
\Rightarrow \theta_i \leq \arcsin\left(\frac{n_t}{n_i}\right)
|
|
\doteq \theta_c
|
|
\end{multline}
|
|
|
|
Quando un'onda elettromagnetica passa da un mezzo con un indice
|
|
di rifrazione più grande a uno con indice di rifrazione più piccolo,
|
|
e quindi $\theta_c = \arcsin\left(\tfrac{n_t}{n_i}\right)$
|
|
|
|
|
|
|
|
\begin{figure}[ht]
|
|
\centering
|
|
\includegraphics[width=\linewidth]{images/ev_wave.pdf}
|
|
\caption{Caption}
|
|
\label{fig:ev_Wave}
|
|
\end{figure}
|